Il 4% della popolazione italiana è in una condizione di fragilità che può portare a fratture. Percentuale che aumenta con l'età, con oltre il 50% degli over 65 considerato 'pre-fragile', mentre i siti principali per le fratture da fragilità sono polso;, omero, e soprattutto vertebre e femore, tra quelle più debilitanti e pericolose. Il dato emerge da uno studio presentato durante il convegno 'L'impegno italiano per le fratture da fragilità' tenutosi oggi presso l'Istituto superiore di sanità a Roma, in cui si è discusso della possibile realizzazione di un registro nazionale per le fratture da fragilità.
Ogni anno sono circa 100mila i ricoveri per fratture del femore tra gli over 65, dato in crescita dal 2001 al 2015 e stabilizzato da allora, forse grazie all'aumento di sensibilità nell'adottare misure di prevenzione. L'incidenza è infatti in calo: per gli over 80 sono passate da 2500 a 1500 su 100mila abitanti tra il 2001 e il 2023. Rimane comunque una causa non trascurabile di mortalità (20% dei casi entro un anno) e disabilità (50%). Uno studio presentato durante il convegno, basato sul rapporto Osmed dell'Aifa, ha rilevato come vi sia però una significativa percentuale di bassa aderenza alle terapie: oltre il 10% negli uomini, poco sopra il 6% nelle donne. Nei pazienti osteoporotici, poi, il rischio di fratture da fragilità durante la vita è del 40-50% nelle donne e del 13-22% negli uomini. Oltre il 50% dei pazienti con fratture da fragilità, è emerso durante il convegno, non viene ricoverato.
"Non esiste famiglia italiana che non sia stata toccata dalle conseguenze di una frattura da fragilità in un familiare", ha ricordato Maria Luisa Brandi, presidente dell'Osservatorio sulle fratture da fragilitò (Off Italia), che ha intenzione di creare il registro nazionale in collaborazione con l'Iss. "Il problema emerge oggi perché siamo arrivati ad avere i famosi Baby Boomers che si fratturano. Sono tanti, e continueranno ad aumentare nel prossimo decennio. Eppure la frattura di femore sarebbe l'evento cronico in età avanzata più prevedibile, usando quanto a nostra disposizione. Lo abbiamo scritto nelle linee guida, ma la continuità assistenziale dopo una frattura da fragilità la vediamo in meno del 20% dei casi".
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