Circa due terzi dei casi di Covid-19 esportati dalla Cina nel resto del mondo potrebbero essere rimasti invisibili e avere innescato delle trasmissioni da uomo a uomo del virus SarsCoV2 ancora non identificate. Lo indica il Centro per i modelli delle malattie infettive dell'Imperial College di Londra, che collabora con l'Organizzazione Mondiale della Sanità.
La ricerca si basa sul confronto tra i dati relativi ai viaggi in aereo e quelli sui casi confermati fuori dalla Cina e costituisce una prima valutazione della relativa sensibilità delle misure di sorveglianza adottate in tutto il mondo per arginare la Covid-19.
È emerso così che a Singapore non è stato rilevato il 63% dei casi stimati e il 73% in Finlandia, Nepal, Belgio, Svezia, India, Sri Lanka e Canada. Per il primo autore del rapporto, Neil Ferguson, "è molto probabile che alcuni di questi casi non identificati possano dare inizio a catene di trasmissione nei Paesi in cui sono entrati".
I risultati, rilevano gli autori del rapporto, sono in linea con le conclusioni raggiunte da altri gruppi di ricerca nel mondo.
Tra i casi invisibili c'è probabilmente il 'paziente zero' da cui è partita l'epidemia in Italia
Potrebbe essere uno dei tanti casi 'invisibili' l'introvabile paziente zero che avrebbe dato inizio in Italia all'epidemia da coronavirus SarsCoV2. E' proprio nel fenomeno dei casi di portatori del virus impossibili da riconoscere il perché sia praticamente impossibile rintracciare il caso che ha innescato il focolaio di Codogno, così come non è noto il legame tra i casi del Veneto e quelli della Lombardia.
Se le persone portatrici del virus stanno bene "non si riesce a identificare i casi", ha rilevato il fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston. "Se in Italia non si riesce a trovare il paziente zero è perché questi potrebbe essere asintomatico, magari incontrato in un aeroporto o in una stazione", ha osservato.
"Quello che l'Italia sta mettendo in campo - ha concluso - è uno sforzo aggressivo per soffocare il focolaio".
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