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Il Nobel per la Medicina all'archeologo dell'evoluzione umana

Il Nobel per la Medicina all'archeologo dell'evoluzione umana

Svante Pääbo, svedese, 67 anni, premiato per scoperte su genoma ominidi

04 ottobre 2022, 08:42

Redazione ANSA

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Svante Paabo, vincitore del Nobel per la Medicina 2022 © ANSA/EPA

Svante Paabo, vincitore del Nobel per la Medicina 2022 © ANSA/EPA
Svante Paabo, vincitore del Nobel per la Medicina 2022 © ANSA/EPA

Il Nobel per la Medicina 2022 è stato assegnato esclusivamente allo svedese Svante Paabo, 67 anni, per le sue scoperte sul genoma degli ominidi. Nato il 20 aprile 1955 a Stoccolma, Paabo può essereconsiderato una sorta di archeologo del Dna. Ha, infatti, aperto un nuovo campo di ricerca, la paleogenomica.

A Pääbo viene riconosciuto il merito di avere affrontato con nuove armi una delle più grandi sfide scientifiche contempoeanee. E’ stato infatti il primo a portare la genetica in un campo come la paleontologia, che fino ad allora si era basata sullo studio di fossili o antichissimi manufatti. Grazie alle nuove tecnologie genetiche, Pääbo è stato fra i pionieri dell’estrazione del Dna dai fossili e della sua analisi. Le ricerche che ha coordinato hanno gettato una nuova luce sull’evoluzione umana, fino a rivoluzionarne completamente lo studio. 

A lui si deve per esempio l’analisi del Dna dei Neanderthal, che ha rivelato che l’Homo sapiens si è incrociato con i Neanderthal e che alcuni geni di quei cugini dell’uomo sono ancora presenti nel genoma di quasi tutte le popolazioni contemporanee. 

Sempre a sue ricerche si deve la scoperta di un’antica popolazione umana, i Denisovani, anch’essi incrociati con l’Homo sapiens circa 70.000 anni fa: il punto dipartenza per ricostruirne la storia è stato un frammento di un osso trovato in una grotta dei Monti Altai.

La carriera scientifica
Dopo aver studiato all’Università di Uppsala, Pääbo, si è trasferito prima nell'università di Zurigo, poi in quella americana di Berkeley e in seguito nell'Università tedesca di Monaco. Nel 1999 ha fondato l'Istituto Max Planck per l'Antropologia evoluzionistica a Lipsia, dove lavora attualmente.  E' inoltre docente in Giappone, nell'Istituto di Scienza e Tecnologia di Okinawa, è membro dell’Organizzazione Europea di Biologia Molecolare (Embo) e fa parte di accademie prestigiose, come la Royal Society, l'Accademia Nazionale della Scienze degli Stati Uniti, l'Accademie delle Scienze francese. quella Leopoldina e l'Accademia Nazionale dei Lincei.
Numerosi i riconoscimenti internazionali, fra i quali la medaglia Max Delbrück, la medaglia Theodor Bücher (Febs), il premio Louis-Jeantet (Ginevra), e il Japan Prize (Tokyo).

Un ritratto del premo Nobel per la Medicina, Svante Paabo, di Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach

Il Nobel 40 anni dopo quello al padre Bergstrom
Il neo vincitore del premio Nobel per la medicina, Svante Pääbo, è a sua volta figlio di un altro Nobel per la medicina: suo padre, il biochimico Sune Karl Bergstrom, è stato infatti insignito dello stesso riconoscimento esattamente 40 anni fa, nel 1982, per i suoi studi sulle prostaglandine (insieme a Bengt I. Samuelsson e John R. Vane). Svante Paabo non porta il cognome del padre, bensì quello della madre (la chimica estone Karin Paabo), perché frutto di una relazione extraconiugale.

 

Iil biochimico Sune Karl Bergstrom, Nobel per la Medicina nel 1082, padre di Svante Paabo

Lincei, premio 'meritatissimo'
E' un premio "meritatissimo" Il Nobel per la Medicina  al fondatore della paleogenetica, lo svedese Svante Pääbo:  è il commento del presidente dell'Accademia dei Lincei, Roberto Antonelli, e del vicepresidente Giorgio Parisi al riconoscimento, che per due anni consecutivi viene assegnato a un socio dell'Accademia. Lo scorso anno, infatti, Parisi era stato premiato per la Fisica.

"Un premio Nobel meritatissimo a un grande scienziato che abbiamo l'onore di averlo come socio straniero dell'Accademia dei Lincei", dicono Antonelli e Parisi. "La ricostruzione dei genomi antichi - aggiungono - è stata un'avventura affascinante, che ci ha permesso di ricostruire la storia dell'umanità e dei rapporti con in nostri fratelli estinti, i Neandertaliani e i Denisovani".

Manzi, dagli studi di Pääbo luce su specie estinte 
Hanno portato alla luce specie estinte e contemporaneamente stanno permettendo di capire come l'uomo moderno è suscettibile o meno a contrarre malattie, come Covid-19: sono questi i due grandi meriti delle ricerche di Svante Pääbo premiate oggi con il Nobel per la Medicina, secondo il paleoantropologo Giorgio Manzi, dell'Università Sapienza di Roma e accademico dei Lincei.
Il Nobel "è stata una bella sorpresa per chi si occupa di biologia dell'evoluzione umana: è una comunità scientifica relativamente piccola, ma che interessa davvero tutti perché ha a che fare con la nostra natura biologica", ha detto Manzi al'ANSA. La paleogenetica è un campo relativamente recente: "la prima scoperta risale a 25 anni fa, da allora ci ha fatto fare progressi straordinari e ce ne farà ancora".
Nel 1997 le ricerche di Pääbo "ci hanno fatto conoscere il Dna dei Neanderthal nel 1997 e nemmeno 10 anni più tardi quasi l'intero genoma di questa specie estinta; in seguito, ci hanno portato a scoprire ibridazioni e incroci che hanno fatto sì che nel nostro genoma si conservino ancora brandelli di Dna neanderhaliani". Un altro passo in avanti, ha aggiunto Manzi, nel 2010, con la scoperta dell'uomo di Denisova a partire da un piccolo frammento di osso scoperto nei Monti Altai: "si è aperto un nuovo mondo quando si è scoperto che da quelle parti non c'erano solo Neanderthal e Sapiens, ma c'era una terza popolazione mai identificata nei fossili", i Denisovani. La scoperta è così recente che "questa specie estinta non ha ancora un nome in latino".
Per Manzi "la più formidabile di queste scoperte è anche una delle più recenti, quando nel laboratorio di Pääbo si è scoperto un ibrido fra Neanderthal e Denisovani". Secondo l'esperto, "al di là del settore di nicchia della biologia evoluzionistica ed evoluzione umana, le scoperte si estendono al campo della biologia e della medicina: conosciamo meglio chi siamo e attraverso tecniche avanzate riusciamo a guardare meglio nel nostro genoma e a capire le possibili conseguenze sulla salute, come è accaduto in piena pandemia di Covid-19. Si è scoperto che il Dna dei Neanderthal presente nel nostro genoma può avere effetti positivi e negativi sulla possibilità o meno di contrarre la malattia". Per questo, secondo Manzi, quello a Pääbo "è un premio alla biomedicina". E' una storia appena iniziata, ha concluso, e in futuro potrebbe portare sia "a saperne sempre di più sull'evoluzione umana, e magari a scoprire altre specie estinte", sia a nuove conseguenze su biologia e medicina.

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