Nella pianta del tabacco australiano, il cui nome scientifico è Nicotiana benthamiana, si nasconde una vera e propria biofabbrica di farmaci. I suoi segreti genetici sono stati svelati grazie allo studio pubblicato sulla rivista Nature Plants, guidato dall’Università Tecnologica australiana del Queensland e al quale ha partecipato anche l’Italia con l’Enea. Le informazioni ottenute saranno preziose non soltanto per la ricostruzione della biodiversità di questa specie, ma anche per il suo uso nella ricerca di base e per applicazioni biotecnologiche.
Questa piantina, dalla taglia molto più bassa del tabacco normale, è stata usata per secoli dagli aborigeni australiani come pianta medicinale e rituale, sotto il nome di pitjuri. Per la sua facilità di coltivazione e manipolazione genetica, è stata poi adottata da centinaia di laboratori in tutto il mondo come modello di studio, e successivamente dall’industria biotecnologica come ‘biofabbrica’ per la produzione di medicinali. La dimostrazione dell’importanza del tabacco australiano la fornisce anche il database di Google, che contiene oltre 75.000 lavori scientifici e 15.000 brevetti che citano questa specie.
Adesso, il nuovo studio ha permesso la pubblicazione dell’intero genoma di N. benthamiana grazie all’analisi di due ceppi diversi: il primo proviene da una singola pianta raccolta nei primi anni del secolo scorso nel deserto dell’Australia centrale, mentre il secondo si è invece adattato alle condizioni subtropicali del Queensland, nell’Australia settentrionale. Il confronto tra i due ceppi ha rivelato alcune differenze a livello della composizione genetica, ma soprattutto differenze marcate nella composizione chimica: in particolare per quanto riguarda il contenuto di nicotina e nornicotina, che è un suo derivato più tossico.
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