Arriva da lontano, dall’Antica Roma, l’ispirazione per i materiali del futuro: all’Istituto Italiano di Tecnologia a Venezia si lavora, infatti, per riprodurre in laboratorio un reperto romano di 2.000 anni fa rinvenuto nell’antica città di Aquileia, nel Friuli Venezia-Giulia. Si tratta di frammenti di vetro che il tempo ha trasformato in cristalli fotonici, gli innovativi materiali che sono alla base delle tecnologie quantistiche. La scoperta, che si è guadagnata la copertina sulla rivista Pnas, ha spinto i ricercatori guidati da Arianna Traviglia a cercare di replicare le caratteristiche del vetro, così da poterlo impiegare nei dispositivi moderni, che spaziano da quelli per comunicazioni ottiche super-veloci fino a sensori, laser e specchi.
Nel corso dei 2.000 anni della vita del vetro, il processo di deperimento si è trasformato in un processo di riorganizzazione delle molecole che lo componevano. “Si tratta probabilmente di un processo di dissoluzione e riorganizzazione del vetro avvenuto lentamente attraverso i secoli” affermano Giulia Franceschin e Roberta Zanini dell’Iit, co-autrici dello studio. “Il terreno argilloso e le variazioni climatiche hanno influenzato la diffusione dei sali inorganici e la corrosione. Contemporaneamente – spiegano Franceschin e Zanini – si è verificata la formazione di sottilissimi strati spessi circa 200 nanometri, in cui particelle di silice si sono organizzate in strutture ordinate”. A partire da questi risultati, i ricercatori dell’Iit stanno ora sviluppando metodi per realizzare il nuovo materiale in modo artificiale. “Questo risultato dimostra come l'ispirazione per la creazione di nuovi materiali possa derivare da situazioni molto diverse e insolite, quali lo studio dei materiali giunti fino a noi dall'antichità - afferma Traviglia - e l'importanza che lo studio di manufatti archeologici riveste per l'innovazione nel campo della scienza dei materiali e della conservazione del patrimonio culturale”.
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