Un nuovo passo avanti sulla lunga strada verso la possibilità di rigenerare gli arti amputati: un gruppo di ricercatori guidato dalla Scuola di Medicina di Harvard è riuscito a riprogrammare in topi e polli le cellule più comuni presenti nella pelle, chiamate fibroblasti, in cellule con proprietà simili a quelle che danno origine agli arti negli embrioni e che sono in grado di formare la maggior parte dei diversi tessuti, come ossa, muscoli, cartilagine e tendini. Il risultato, pubblicato sulla rivista Developmental Cell, migliora la comprensione del processo di formazione degli arti e getta le basi per le terapie rigenerative del futuro.
“Questo passo avanti mi fa un immenso piacere, anche per ragioni storiche”, dice all’ANSA Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell'Università di Pavia e membro dell’Accademia dei Lincei. “Infatti, proprio all’Università di Pavia, intorno al 1930, la biochimica Piera Locatelli riuscì a far crescere una quinta zampa ad una salamandra e il suo lavoro fu poi di ispirazione per le ricerche di Rita Levi Montalcini, che le valsero il Premio Nobel. Piera Locatelli è stata purtroppo dimenticata – commenta Redi – ma sono contento di questo nuovo sviluppo, che va nella direzione di rispondere a bisogni che ad oggi la medicina non è ancora in grado di soddisfare”.
Circa 60 milioni di persone in tutto il mondo, infatti, convivono con la perdita di un arto, e molti ricercatori stanno cercando di far avanzare quel campo della medicina detta ‘rigenerativa’, che mira a sostituire o ricostruire i tessuti, le cellule e gli organi stimolando le capacità di riparazione e di rigenerazione. Attualmente, un modo comune per ottenere cellule progenitrici degli arti è prelevandole direttamente dagli embrioni, cosa che pone problemi etici, oppure producendole grazie alle cellule staminali pluripotenti indotte: cellule adulte che vengono riprogrammate per riportarle in uno stato simile a quello embrionale.
Ora, i ricercatori guidati da Yuji Atsuta hanno sviluppato un nuovo metodo molto più semplice, diretto ed economico, riprogrammando direttamente le cellule della pelle in cellule progenitrici degli arti. Gli autori dello studio hanno dapprima valutato quali sono i geni più attivi all’interno delle cellule che formano i primi abbozzi degli arti negli embrioni di topo e di pollo. Hanno così identificato 18 geni, che sono stati introdotti nei fibroblasti coltivati in laboratorio per trasformarli in cellule all’origine degli arti. Ripetendo gli esperimenti, il cerchio è stato poi ristretto a soli tre geni essenziali.
“Hanno usato dei virus per infettare le cellule con questi geni, ottenendo direttamente cellule progenitrici degli arti senza passare attraverso le staminali pluripotenti indotte, un ottimo risultato”, aggiunge Redi. “Inoltre, hanno scoperto che bastano tre soli geni, una cosa fantastica”, afferma il biologo. I ricercatori stanno ora cercando di applicare questo metodo alle cellule umane, ma anche a quelle dei serpenti: gli antenati di questi animali, infatti, possedevano degli arti che sono poi andati persi nel corso dell’evoluzione. “Le cellule riprogrammate hanno generato organoidi simili a germogli di arti – dice Atsuta – quindi sembra possibile formare zampe anche in animali che non le possiedono più”.Riproduzione riservata © Copyright ANSA