C’è una catena di vulcani sottomarini al largo della Costa di Pennell, nell’Antartide meridionale, nella zona in cui le correnti circumantartiche dell’Oceano Meridionale si incontrano con le acque del Mare di Ross. I primi indizi della sua esistenza risalgono al febbraio 2023 e adesso è arrivata la conferma dalle ricerche geologiche e geofisiche condotte dai ricercatori a bordo della nave rompighiaccio italiana ‘Laura Bassi’, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, Ogs, nell’ambito del progetto internazionale Boost finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e coordinato dall’Università di Genova.
Lunga circa 50 chilometri e con una larghezza massima di 15 chilometri, la catena montuosa ha come che raggiungono 1.500 metri, che restano nascoste sotto il mare. Studiarla è utile per comprendere i cambiamenti globali che caratterizzano l’evoluzione del sistema Terra, come l’apertura dei bacini oceanici che hanno favorito l’isolamento climatico dell’Antartide con il conseguente raffreddamento e sviluppo della calotta di ghiaccio a partire da circa 34 milioni di anni fa. “L’area studiata dal progetto rappresenta una zona chiave per comprendere l’interazione tra i processi geologici legati ai movimenti delle placche litosferiche e l’evoluzione delle calotte glaciali Antartiche”, osserva la responsabile scientifica del progetto Laura Crispini, dell’Università di Genova. “In passato – prosegue - la zona è stata quasi per nulla investigata, soprattutto a causa della sua remota posizione geografica, spesso coperta da ghiaccio marino e caratterizzata da condizioni meteomarine estreme”.
Le analisi indicano che nella catena esiste un complesso vulcanico principale, che occupa una superficie di oltre 500 chilometri quadrati, costituito da un insieme di coni allineati lungo una direttrice nord-sud e una seconda dorsale, sempre di probabile origine vulcanica, ma di dimensioni più ridotte, osserva Dario Civile, ricercatore e responsabile dell’unità di ricerca dell’Ogs. “Il vulcanismo sembrerebbe essere geologicamente recente, ma la sua origine ed età rimangono ancora da determinare con esattezza. La scoperta di una catena vulcanica giovane e caratterizzata da risalita di lava e fluidi ha implicazioni sia dal punto di vista geologico e geodinamico, che dal punto di vista fisico/chimico, nonché della composizione delle acque e delle interazioni con la biosfera”. Il progetto Boost (Bridging Onshore-Offshore STructures at the Pacific Coast of North Victoria Land, Antarctica: an integrated approach) che vede come capofila l’Università di Genova, coinvolge ricercatori dell’Ogs di Trieste, dell’Institute for Geosciences and Natural Resources (di Hannover e dell’Università di Roma Tre e dell’Università Trieste.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA