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Il confine tra veglia e sonno è più sfumato del previsto

Il confine tra veglia e sonno è più sfumato del previsto

Scoperti i micro-pisolini dei neuroni a cervello sveglio

19 luglio 2024, 11:28

di Benedetta Bianco

ANSACheck
Il confine tra veglia e sonno nel cervello potrebbe essere più sfumato del previsto (fonte: freepik) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il confine tra veglia e sonno nel cervello potrebbe essere più sfumato del previsto (fonte: freepik) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il confine tra veglia e sonno nel cervello potrebbe essere più sfumato del previsto: singoli neuroni possono indulgere in micro-pisolini della durata di pochi millisecondi anche quando il resto del cervello è sveglio, un comportamento finora passato inosservato. La scoperta si deve allo studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience e condotto dall’Università della California a Santa Cruz e dalla Washington University a Saint Louis. 

I ricercatori hanno osservato il cervello dei topi grazie ad elettrodi impiantati in 10 regioni diverse, scoprendo microscopici sfarfallii nell’attività dei neuroni della durata variabile da 10 a 100 millisecondi, e la stessa cosa potrebbe avvenire nel cervello umano.

È noto che alcuni animali, come delfini, foche e uccelli, possono far riposare metà del loro cervello lasciando attiva l’altra metà, a volte dormendo letteralmente con un occhio aperto per non farsi prendere alla sprovvista dai predatori. Anche gli esseri umani possono mostrare per brevi periodi schemi di sonno asimmetrici, ma in maniera molto meno marcata. Partendo da queste osservazioni, i ricercatori, guidati da David Parks dell’Università della California e Aidan Schneider della Washington University, hanno studiato nove topi, per cercare di capire se la distinzione tra veglia e sonno fosse più labile di quanto ipotizzato finora.

Analizzando i dati raccolti con un metodo basato sull’Intelligenza Artificiale, gli autori dello studio sono riusciti a identificare i micro-sonnellini dei neuroni, e hanno anche osservato che questi brevissimi blackout coincidevano con quelle frazioni di secondo in cui gli animali smettevano di muoversi. “Abbiamo potuto osservare i singoli istanti in cui questi neuroni si riattivavano – commenta Schneider – ed era abbastanza chiaro che stessero passando ad uno stato diverso da quello in cui si trovavano subito prima”.

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