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Scritto nel Dna un capitolo nascosto dell’evoluzione umana

Scritto nel Dna un capitolo nascosto dell’evoluzione umana

Racconta di due popolazioni che si sono separate e poi riunite

20 marzo 2025, 18:35

di Benedetta Bianco

ANSACheck
È scritto nel Dna un capitolo nascosto dell’evoluzione umana (fonte: freepik) - RIPRODUZIONE RISERVATA

È scritto nel Dna un capitolo nascosto dell’evoluzione umana (fonte: freepik) - RIPRODUZIONE RISERVATA

È scritto nel Dna un capitolo nascosto dell’evoluzione umana: racconta che all’origine degli esseri umani moderni ci sono state non una, ma due popolazioni diverse, che si sono separate circa 1,5 milioni di anni fa per poi riunirsi nuovamente intorno a 300mila anni fa.

Questi due gruppi, i cui candidati più probabili sono Homo erectus o Homo heidelbergensis che vivevano entrambi in Africa in quel periodo, hanno contribuito rispettivamente per l’80% e il 20% al nostro patrimonio genetico. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Genetics, si deve a un gruppo di ricercatori dell’Università britannica di Cambridge che ha usato i dati genetici ottenuti grazie al progetto ‘1.000 Genomi’, un'iniziativa globale che ha sequenziato l’intero Dna di popolazioni moderne provenienti da Africa, Asia, Europa e Americhe.

“La nostra ricerca mostra chiari indizi che le nostre origini evolutive sono più complesse di quanto si pensasse, coinvolgendo diversi gruppi che si sono sviluppati separatamente per più di 1 milione di anni, per poi tornare a formare la specie umana moderna”, afferma Richard Durbin, uno degli autori insieme a Trevor Cousins e Aylwyn Scally. “Il fatto che oggi possiamo ricostruire eventi di centinaia di migliaia o milioni di anni fa semplicemente osservando il Dna è stupefacente – aggiunge Scally – e ci dice che la nostra storia è molto più ricca e complessa di quanto immaginassimo”.

I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo in grado di simulare divisioni e riunificazioni delle antiche popolazioni umane e lo hanno applicato ai dati genetici del progetto 1.000 Genomi. I risultati non hanno permesso solo di identificare i due gruppi ancestrali, ma hanno anche consentito di ricostruire alcuni degli eventi che si sono verificati dopo la loro separazione: in particolare, subito dopo la divisione una delle due popolazioni ha attraversato un cosiddetto ‘collo di bottiglia’, cioè una drammatica riduzione nelle dimensioni, prima di riprendere lentamente a crescere. “Questa popolazione avrebbe poi contribuito a circa l’80% del materiale genetico degli esseri umani moderni – dice Scally – e sembra anche essere stata la popolazione ancestrale da cui si sono differenziati i Neanderthal e i Denisoviani”.

Ma anche l’altro gruppo, sebbene abbia contribuito in misura inferiore, sembra aver svolto un ruolo cruciale, trasmettendo geni correlati al funzionamento del cervello e al modo con il quale elabora le informazioni che potrebbero essere stati fondamentali nell’evoluzione umana. Questi geni, però, sono spesso localizzati lontano dalle regioni del Dna deputate alla regolazione genetica: ciò suggerisce che fossero meno compatibili con il resto del materiale genetico e, dunque, che l’evoluzione ne abbia col tempo rimossa una parte.

 

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