Sono trascorsi esattamente 55 anni da quando l'Italia ha vinto il suo primo e unico premio Nobel per la chimica. Era infatti il 10 dicembre 1963 quando l'Accademia Svedese delle Scienze di Stoccolma consegnava il prestigioso riconoscimento al 'papà' della plastica, l'ingegnere chimico Giulio Natta del Politecnico di Milano, premiato insieme al tedesco Karl Ziegler dell'Istituto Max Planck per la scoperta della polimerizzazione stereospecifica, un processo che aprì una nuova era nella chimica dei materiali con ricadute applicative che hanno influenzato profondamente l'industria delle materie plastiche e le abitudini (anche domestiche) di tutto il mondo.
In particolare, il Nobel fu assegnato a Ziegler per la scoperta di nuovi catalizzatori di polimerizzazione, e a Natta per avere sintetizzato (usando i catalizzatori di Ziegler e non solo) un notevole numero di polimeri stereoregolari da varie classi di monomeri. Con le sue scoperte Natta aveva rotto quello che si riteneva un monopolio della natura, ovvero la sintesi di polimeri stereoregolari, come la cellulosa e la gomma. Il cammino che portò Natta al Nobel cominciò nel 1952, quando al convegno Achema a Francoforte venne a conoscenza degli studi sulla polimerizzazione dell'etilene compiuti da Ziegler.
Il chimico italiano intuì subito le potenzialità insite in quel tipo di reazione e avvio una serie di ricerche in collaborazione con l'industria Montecatini che il 10 marzo 1954 lo portò ad annotare sulla sua agenda un risultato epocale: "scoperto il polipropilene". Successivamente, Natta e i suoi collaboratori intuirono che dal propilene (uno dei più semplici idrocarburi insaturi, ricavabile in grandi quantità dal petrolio) si può ottenere un polimero cristallino denominato poi polipropilene isotattico, commercializzato in Italia con il nome di Moplen. Una scoperta di grande interesse scientifico, ma anche dalle ampie ricadute applicative.
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