Si chiama Telepathy, il primo chip impiantato nel cervello di un essere umano dalla Neuralink, l'azienda fondata e finanziata da Elon Musk. Nonostante il nome, però, Telepathy non legge il pensiero: coglie dal cervello i segnali legati all'intenzione di fare un movimento e li traduce in modo che un robot all'esterno possa compiere quella precisa azione al posto di chi è paralizzato o paraplegico.
"L'uso iniziale - è per chi ha perso l'uso delle gambe. Immaginate se Stephen Hawking avesse potuto comunicare più velocemente", ha scritto Musk sulla piattaforma X, ma il suo obiettivo a lungo termine è molto più ambizioso ed è ancora quello che Musk aveva dichiarato quando, nel 2016, aveva fondato l'azienda specializzata nello sviluppo di interfacce uomo-macchina: "permetterà di controllare il telefono o il computer e, attraverso questi, molti altri dispositivi".
L'annuncio dell'impianto è arrivato a soli due giorni dall'intervento, sempre su X. Il paziente si sta "riprendendo bene. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi di neuroni", si legge nel post in cui Musk si riferisce all'efficienza del chip nel rilevare i segnali delle cellule nervose.
Come sta accadendo da quando sono iniziati i test su scimmie e maiali, nessuna delle sperimentazioni fatte finora è stata mai descritta in articoli su riviste scientifiche. Una modalità a dir poco inconsueta. Quanto ai risultati, comunicati con annunci sui social, hanno spesso sollevato polemiche e clamori. E' accaduto, per esempio, dopo la morte delle scimmie utilizzate nei primi test e dopo l'ok ai test sull'uomo dell'ente statunitense per il controllo sui farmaci, la Food and Drug Administration.
"L'annuncio dell'impianto cerebrale su di un essere umano è interessante, ma l'entusiasmo che ha suscitato è per ora poco motivato", osserva il neurologo Paolo Maria Rossini, dell'Irccs San Raffaele di Roma. Rilevando che "non è mai facile commentare una notizia scientifica che non sia stata pubblicata su una rivista di settore con tutte le informazioni e i dettagli del caso", Rossini dice che "sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall'intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti".
L'unica descrizione del chip era stata fatta nel 2019 dallo stesso Musk in una sorta di libro bianco, il "Neuralink White Paper". Era un punto sulla ricerca internazionale in fatto di chip per il cervello, nel quale si citava fra i programmi all'avanguardia, il chip messo a punto nell'Istituto Italiano di Tecnologia dal gruppo di Luca Berdondini.
Il primo impianto del chip nel cervello umano è "un passo in avanti notevole, arrivato rapidamente dopo il recente ok della Fda", dice Berdondini all'ANSA. "Dal punto di vista clinico, questo esperimento ha un potenziale enorme" e "la tecnologia è promettente", aggiunge. Di sicuro, "è una tecnologia sviluppata da un'azienda privata con finanziamenti stratosferici, che la ricerca pubblica non ha a disposizione".
Delle dimensioni di un bottone, il chip Telepathy ospita un migliaio di elettrodi flessibili che amplificano i segnali dei neuroni, li raccolgono e li trasmettono all'esterno in wireless. "Posizionato sul cranio con l'aiuto di un robot per la microchirurgia, il bottone funziona come un hub che raccoglie i segnali dagli elettrodi decodificando l'intenzione di movimento, Quindi trasmette i segnali a un robot esterno che fornisce assistenza", spiega l'esperto dell'Iit. Se da un lato le promesse e le prospettive sono molte, dall'altro "aziende come questa hanno ingenti ricorse per generare conoscenze e tecnologie che però non vengono diffuse alla comunità scientifica. Di conseguenza la società non è informata e la legislazione non si può adattare. Tutto - conclude - rimane molto chiuso e le informazioni sono rilasciate in pillole, in base agli interessi dell'azienda".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA