Non si limita a leggere le singole sequenze delle molecole della vita, come il Dna e l'Rna, né si ferma a considerare le caratteristiche di ciascuna proteina: è una visione d'insieme del libro della vita quella che ha acquisito il modello di intelligenza artificiale chiamato Evo. Descritto sulla rivista Science, è stato ottenuto nell'Arc Institute dell'Università di Stanford nella ricerca condotta da Eric Nguyen, primo autore dell'articolo, e da Brian L. Hie, in collaborazione con l'Università della California a Berkeley.
E' la prima volta che un modello di apprendimento automatico riesce a considerare l'intero genoma conservando un alto livello di precisione e questa capacità annuncia una rivoluzione nella vita sintetica, che è la capacità di progettare organismi che in natura non esistono, come batteri capaci di digerire inquinanti o di produrre farmaci. A livello biomedico, questo permetterebbe diagnosi più precise e la progettazione di nuove terapie. Diventa infatti possibile prevedere gli effetti delle mutazioni a tutti i livelli relativi all'attività delle cellule e, grazie a queste informazioni, il modello riesce anche a progettare sequenze di Dna e a modificarne le funzioni.
La grande differenza rispetto a modelli simili addestrati a leggere il Dna è nel fatto che Evo ha una visione unificata di tutte le molecole della vita. Progettato per generare singole sequenze di Dna come interi genomi, è stato addestrato con i dati relativi a 2,7 milioni di corredi genetici di microrganismi. Ha così imparato a riconoscere le sequenze codificanti, che contengono cioè le istruzioni per progettare sistemi biologici complessi.
"L'ulteriore sviluppo di modelli di sequenze biologiche su larga scala, come Evo, in combinazione con i progressi nella sintesi del Dna e nell'ingegneria del genoma - scrivono gli autori della ricerca - accelererà la nostra capacità di progettare la vita".
Parallelamente "la capacità di prevedere gli effetti delle mutazioni in tutti i livelli di regolazione della cellula e di progettare sequenze di Dna per manipolare la funzione della cellula avrebbe enormi implicazioni diagnostiche e terapeutiche", osserva Christina Theodoris, dell'istituto Gladstone e dell'Università della California a San Francisco, commentando il risultato nello stesso numero della rivista.
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