Fino al Medioevo, nel piatto degli abitanti dell’Europa si potevano trovare molto facilmente alghe e piante acquatiche: lo racconta l’analisi del tartaro trovato sui denti di resti antichi rinvenuti dalla Scozia alla Svezia, dall’Estonia alla Spagna, e che coprono un arco di tempo che va dal Mesolitico, il periodo intermedio dell’età della pietra che va dal 10.000 all’8.000 a.C., fino all’Alto Medioevo, conclusosi intorno al 1.000 d.C..
La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, si deve ad un gruppo di ricercatori guidato dall’Università britannica di York e mette in evidenza come le alghe possano costituire una fonte alimentare sostenibile anche ai giorni nostri. Le prove archeologiche del consumo di alghe e piante acquatiche in Europa erano finora molto limitate. Si riteneva, infatti, che con l’avvento dell’agricoltura, diffusasi in tutto il continente durante il Neolitico (dall'8000 a.C. al 3500 a.C.), gli alimenti di origine marina fossero diventati marginali o del tutto abbandonati. Alcune evidenze suggerivano che le alghe fossero utilizzate solo come combustibile, mangime per animali e fertilizzante.
Per fare un po’ di luce sulla questione, i ricercatori guidati da Stephen Buckley hanno esaminato i residui di tartaro rimasti attaccati ai denti di antichi resti umani provenienti da tutta Europa, dal periodo precedente l’arrivo dell’agricoltura fino alla prima parte del Medioevo. Hanno così scoperto che le firme chimiche caratteristiche di alghe e piante d’acqua dolce erano invece molto più diffuse di quanto si pensasse. Ciò dimostra che questi alimenti sono stati consumati regolarmente in tutta Europa per parecchie migliaia di anni.
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