La ricerca italiana ha bisogno di fondi strutturali che garantiscano la continuità dei progetti. In caso contrario, quando si saranno esauriti i finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si rischia di tornare indietro di 20 anni. A lanciare il nuovo appello al governo sono ancora una volta i ricercatori, con i fisici Luciano Maiani e Ugo Amaldi, autori del Piano quadriennale per la ricerca 2022-2027 pubblicato dall'Accademia dei Lincei sul suo sito.
"La ricerca scientifica ha bisogno di una programmazione precisa, che la porti, ad un livello simile a quello di Francia e Germania", ha detto Maiani all'ANSA. Al governo si chiede l'impegno a finanziare la ricerca scientifica con 6,4 miliardi di euro nel quadriennio 2024-2027, a cominciare dalla prossima Legge di bilancio. In particolare, si legge nel documento, "per il triennio 2024-2026, oggetto della finanziaria 2024, sono necessari 3,6 miliardi". In particolare, il Piano prevede 400 milioni per il 2024, 1.200 per il 2025 e 2.000 per il 2026. A questi, dovranno aggiungersi 2.800 milioni nel 2028. Se questo non accadrà, si legge ancora nel Piano, "dopo aver raggiunto i valori europei, nel 2027-2028 si ritornerebbe ai valori del 2021 e, un paio d'anni dopo, a quelli di vent'anni prima". In altre parole, i fondi del Pnrr consentiranno di portare gli investimenti in ricerca pubblica allo 0,75% del Pil, ma finiranno nel 2026 e in pochi anni, senza un adeguato aumento strutturale delle risorse, si tornerà a livelli lontani dalla media europea.
Uno scenario, ha osservato Maiani, che lo stesso ministro dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini aveva definito "catastrofico" lo scorso 4 luglio, quando all'Accademia dei Lincei erano stati presentati i primi risultati Nucleo permanente per le attività di analisi economica e statistica, nel convegno dedicato alla ricerca pubblica e al futuro dell'Italia. E 'uno scenario realistico, secondo il quale "se l'attuale legge di bilancio continuerà a finanziare la ricerca al livello attuale, i fondi disponibili, dopo il 2026 ricrollerebbero in tempi rapidi. In pratica, si incoraggerebbero inizialmente progetti di ricerca, ma senza prevedere i fondi per portarli avanti", osserva Maiani. Per Maiani "è quindi fondamentale mantenere costante il ritmo dei finanziamenti per arrivare allo 0.75% del Pil".
E 'una scommessa non solo per la ricerca, ma per il Paese, considerando che "la ricerca, sia quella pura che quella applicata - scrive l'Accademia dei Lincei nel testo che accompagna il documento - è il migliore e più efficiente moltiplicatore economico. Là dove gli esecutivi hanno stimolato e valorizzato la ricerca, gli effetti della globalizzazione e della rivoluzione digitale sono stati governati. In quei Paesi il Pil è cresciuto assieme alla qualità della vita e si è salvato anche il sistema del welfare. Il tutto perché grazie alla ricerca è stato possibile anticipare il futuro e innovarsi". Si tratta anche di riuscire a rendere l'Italia attraente per i ricercatori: "i dati ci dicono che i ricercatori italiani hanno indici confrontabili, se non addirittura superiori a quelli europei. Eppure - ha detto ancora Maiani - in Italia lavora solo il 15% dei vincitori di fondi internazionali per la ricerca", come quelli assegnati dal Consiglio Europeo della Ricerca. "Non si tratta più di uno scambio: lo scambio è utile e necessario, ma questa è una fuga. Una perdita netta per il nostro sistema".
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