Trovare l'acqua nascosta di Marte è stato tutt'altro che semplice, ma alla fine ogni ostacolo è stato superato, i protagonisti della scoperta ci raccontano come
Flamini, un'avventura cominciata nel 1997
La storia della scoperta dell'acqua marziana è cominciata nel 1997: è stato allora che in una riunione al Kennedy Space Center della Nasa, a Cape Canaveral, il gruppo di lavoro dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) annunciava l'intenzione di promuovere una missione su Marte rapida e con costi contenuti. "In quell'occasione proponemmo di equipaggiare quella missione con un radar a bassa frequenza per cercare oceani di acqua liquida nel sottosuolo di Marte", ha detto all'ANSA Enrico Flamini, docente di Planetologia presso l'Università di Chieti-Pescara e responsabile di progetto dell'esperimento Marsis per l'Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
"Dalle missioni Viking in poi era evidente che su Marte ci fosse stata acqua in passato, che questa avesse lasciato le sue tracce sulla superficie del pianeta come ghiaccio e che buona parte fosse andata perduta con il vento solare", ha detto Flamini, che nel 1979 aveva scritto con Marcello Coradini, dell'Esa, l'articolo che commentava le possibilità aperte dai dati delle missioni Viking. "Quelle che allora sembravano ipotesi azzardatissime, oggi sembrano essere confermate", ha aggunto. "Se nella storia del pianeta c'era stata tanta acqua significava che Marte doveva avere avuto una storia non dissimile da quella della Terra e che l'acqua - ha aggiunto - poteva trovarsi in una cavità sotto la superficie". Nonostante la missione ExoMars sia partita nel 2003, il radar Marsis è rimasto fermo per un anno perché simulazioni al computer indicavano che la sua antenna sembrava potersi aprire in modo rischioso per il satellite, con una sorta di effetto frusta.
"Dopo un anno di analisi e simulazioni si dimostra che nessun danno può essere arrecato al satellite e si cominciano a prendere le misure". Tra queste, prosegue Flamini, alcune dal Polo Sud marziano mostravano "un segnale costante molto forte" e si decide di concentrare l'attenzione su quest'area, raccogliendo dati in stagioni diverse e in direzioni diverse. Quattro anni fa si comincia a scrivere l'articolo, risistemando i dati più volte fino ad arrivare alla pubblicazione su Science. Uno dei risultati più importanti di questa lunga esperienza è stato molto probabilmente, secondo Flamini, il metodo di ricerca che ha permesso di trovare l'acqua in altre aree di Marte: "potrebbe esserci acqua altrove, magari più vicina alla superfici. Abbiamo aperto una strada, il futuro lo vedranno i giovani".
Orosei, così siamo riusciti a trovare il lago, grazie al nuovo software installato sul radar Marsis
La caccia all'acqua è durata almeno 13 anni: troppo perché il padre del radar Marsis, Giovanni PIcardi, riuscisse a vedere il risultato al quale ha dedicato la vita. "Sfortunatamente è morto nell'agosto 2015, poco prima che si acquisissero i dati", ha detto il coordinatore della ricerca basata sui dati del radar, Roberto Orosei, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
Al lavoro dal 2005, il radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and IonosphereSounding), a bordo della sonda Mars Express dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), aveva cominciato a fornire già fra il 2006 e il 2007 qualche eco insolitamente forte e interessante, tanto da accendere l'entusiasmo della comunità scientifica e dello stesso Picardi. Tutto, però, restava in sordina perché i dati non erano ancora sufficienti da indicare in modo definitivo una scoperta. Questo accadeva perché Marsis gestiva la grande quantità di dati che raccoglieva con un software che li organizzava in gruppi di 100 e poi li sommava, facendo una media.
"Questo - ha spiegato Orosei - riduceva tantissimo la quantità dei dati prodotti, ma si perdevano quelli eccezionali. Lo abbiamo sospettato a lungo e poi, finalmente nel 2010 il software è stato modificato". Nel 2012 è cominciata la nuova fase si raccolta dei dati e per questo è stato possibile vedere il grande picco che segnalava la grande massa d'acqua sotto il ghiaccio. "Il segnale radar ci dice inoltre che l'acqua è satura di sali", che funzionano come una sorta di antigelo naturale. Adesso si continuerà a cercare, a caccia di altri laghi, anche nell'emisfero Nord di Marte.
Bisogna però considerare, ha osservato Orosei, che "Marx Express ha un'orbita particolare, che permette di osservare una determinata zona ogni tanto, al punto che nell'arco di tre anni ha condotto nella zona meno di 30 osservazioni. Ogni volta che il radar sorvola una zona del pianeta rosso invia impulsi in grado di penetrare attraverso la superficie e lo strato di ghiaccio, quindi le radio-onde vengono riflesse dagli ostacoli che incontrano nel sottosuolo in modo diverso, in modo da fornire informazioni utili a identificarne la natura. L'analisi dei dati condotta da Elena Pettinelli, dell'Università Roma Tre, ha permesso di confermare la scoperta.
Pettinelli, a caccia di laghi di Marte come in Antartide
Scoprire il lago marziano è stato possibile grazie alla lunga esperienza italiana nella ricerca sui laghi nascosti sotto i ghiacci di Antartide e Groenlandia, fino a capire che sono collegati fra loro da una rete di fiumi sotterranei, in uno scenario da fantascienza che non si può escludere possa esistere anche su Marte. "Abbiamo visto il lago marziano grazie ai radar capaci di penetrare con i loro segnali nel sottosuolo", ha detto all'ANSA Elena Pettinelli che, nel Laboratorio di fisica applicata alla Terra e ai pianeti dell'università di Roma Tre, ha analizzato i dati inviati a Terra dal radar Marsis e selezionati dal gruppo di Roberto Orosei, dell'Istituto di Radioastronomia di Bologna dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e primo autore della ricerca che sulla rivista Science descrive il lago marziano.
"Le stesse tecniche utilizzate per studiare i laghi antartici hanno permesso di scoprire il lago sotto i ghiacci di Marte", ha osservato Pettinelli, che ha lavorato ai dati di Marsis con il suo gruppo di giovani ricercatori: Sebastian Lauro, Elisabetta Mattei, Barbara Cosciotti e Federico Di Paolo. "Per poter interpretare i dati radar si simulano le proprietà fisiche dei pianeti, come Marte", ha detto ancora la ricercatrice. Abbiamo applicato le stesse tecnologie utilizzate in Antartide e Groenlandia, andando a cercare informazioni simili. Adesso sappiamo che il radar Marsis ha visto una zona acquifera, ossia un lago o un terreno impregnato d'acqua".
Il picco osservato nel segnale radar era simile a quello visto in Groenlandia, in corrispondenza di un lago nascosto sotto i ghiacci. "In parte siamo stati fortunati: la zona era stata scelta per caratteristiche che facevano pensare alla possibilità di un lago sottostante" e adesso sappiamo che si tratta di "un lago grande, con un diametro di 20 chilometri e una forma triangolare, ma non possiamo dire molto sulla profondità: siamo convinti - ha rilevato - che sia di almeno qualche metro, ma è bene non azzardare ipotesi su elementi che non possiamo misurare alla luce delle caratteristiche di questo radar". Sempre grazie alla lezione dei laghi nascosti sotto i ghiacci terrestri non si può escludere che su Marte possano esserci altri laghi: "per saperlo dovremo aspettare nuove acquisizioni o pensare a una nuova missione", ha osservato Pettinelli. "Per quanto possibile, cercheremo di allargare l'area ad altre zone del Polo Sud marziano osservare con la stessa tecnica già nei prossimi mesi". Al momento, ha osservato, " non ci sono impedimenti all'esistenza di una rete di laghi sotterranei su Marte".
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