I pianeti nomadi, che vagano nello spazio senza una stella di riferimento, sono più numerosi del previsto. Lo indicano gli ultimi dati del telescopio spaziale Kepler, il cacciatore di mondi alieni della Nasa in pensione dal 2018. L'analisi dell'enorme quantità di dati che il telescopio ha inviato a Terra nella sua vita operativa ha permesso di scoprire altri quattro pianeti vagabondi, con una massa simile a quella della Terra. Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society dal gruppo dell’Università britannica di Manchester coordinato da Iain McDonald.
I dati sono stati raccolti da Kepler nel 2016, durante una campagna osservativa di due mesi per il monitoraggio di una regione vicina al centro della Via Lattea, affollata da milioni di stelle. “I segnali di questi pianeti nomadi sono estremamente difficili da trovare”, osserva McDonald. Per riuscire nell’impresa, gli astronomi hanno riadattato le capacità del telescopio Kepler perché sfruttasse un effetto lente d’ingrandimento previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein, il cosiddetto effetto microlensing, che si verifica quando un pianeta attraversa la linea di vista che collega un osservatore e una stella sullo sfondo. La luce della stella appare temporaneamente più intensa, con un aumento di luminosità che può durare da poche ore a diversi giorni.
L’ipotesi dei ricercatori è che questi pianeti nomadi si siano formati attorno a una stella madre per poi essere espulsi dall’attrazione gravitazionale di altri mondi più pesanti all’interno dello stesso sistema planetario.
Dopo il pensionamento di Kepler il testimone di cacciatore di mondi nomadi sarà raccolto da osservatori più adatti a sfruttare la tecnica della lente gravitazionale. Come il telescopio spaziale Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), il cui lancio è previsto nel 2022, e il telescopio spaziale Nancy Grace Roman della Nasa, il cui lancio è in programma nel 2025.
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