Doccia fredda sulle speranze di aver trovato tracce di vita aliena su K2-18b, il pianeta potenzialmente abitabile distante 120 anni luce e che nel 2020 aveva attirato l'attenzione dei planetologi di tutto il mondo per le sue caratteristiche, teoricamente favorevoli per ospitare forme di vita.
Ad affermare che le possibili ‘firme’ della vita osservate allora non sono attendibili è la ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal Letters dal gruppo dell’Università California a Riverside coordinato da Shang-Min Tsai, basata sulle osservazioni fatte dal telescopio spaziale James Webb.
Da tempo K2-18b, un pianeta con una massa 8.6 volte quella della Terra in orbita attorno a una nana fredda, è considerato uno dei candidati più interessanti per la ricerca di vita aliena perché si trova nella cosiddetta fascia di abitabilità, a una distanza dalla sua stella tale da avere una temperatura ‘accettabile’, e perché ha vasti oceani di acqua.
Recenti osservazioni del telescopio spaziale Webb, in particolare quelle pubblicate a novembre 2023, avevano attirato l’attenzione perché avevano identificato la presenza nell’atmosfera di dimetilsolfuro, una molecola che sulla Terra è prodotta dal fitoplancton oceanico. Una delle grandi capacità del nuovo telescopio spaziale è infatti quella di poter analizzare la composizione chimica dell’atmosfera di pianeti lontanissimi, e il segnale in arrivo da K2-18b era molto debole e discontinuo.
I ricercatori hanno fatto quindi una serie di simulazioni per capire se il segnale, che in caso positivo sarebbe stato oggettivamente un indicatore molto importante di vita aliena, potesse essere frutto di un qualche abbaglio. I risultati non hanno lasciato molte speranze perché “il segnale – ha detto Shang-Min Tsai – si sovrappone fortemente a quello del metano e riteniamo che distinguere il dimetilsolfuro dal metano vada oltre le capacità di questo strumento”.
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