L’espansione dell’universo sta accelerando: la conferma arriva dalla combinazione dei dati dei telescopi spaziali Webb e Hubble, analizzati dal gruppo dell’Università americana Johns Hopkins guidato dal Nobel per la Fisica Adam Reiss. Il risultato, pubblicato su The Astrophysical Journal, suggerisce che gli attuali modelli cosmologici, con i quali questa misura è in contrasto, sono incompleti, manca qualcosa alla nostra comprensione del cosmo.
I dati più recenti, acquisiti dal telescopio Webb d Nasa, Esa e agenzia spaziale canadese Csa, confermano quelli telescopio Hubble di Nasa ed Esa, dimostrando che l'accelerazione rilevata non era frutto di un difetto nelle misurazioni. “La discrepanza tra il tasso di espansione osservato dell’universo e le previsioni teoriche suggerisce che la nostra comprensione dell’universo potrebbe essere incompleta”, afferma Reiss, premiato nel 2011 insieme a Saul Perlmutter e Brian Schmidt proprio per le ricerche sull'espansione dell'universo..
“Con due telescopi che ora confermano reciprocamente le rispettive scoperte, dobbiamo prendere molto sul serio questo problema: è una sfida – dice il fisico statunitense – ma anche un’incredibile opportunità per saperne di più sul nostro universo”.
I ricercatori hanno utilizzato un vasto insieme di dati raccolti da Webb nei suoi primi 2 anni nello spazio, per verificare tramite 3 metodi diversi la misura del tasso di espansione dell’universo effettuata da Hubble, un valore noto come ‘costante di Hubble’ in onore di Edwin Hubble, le cui scoperte portarono appunto a capire che il cosmo si sta espandendo.
Le osservazioni di entrambi i telescopi si allineano perfettamente: il risultato del Jwst indica per la costante di Hubble un valore di 72,6 chilometri al secondo per megaparsec, quasi identico a quello di 72,8 trovato dal telescopio Hubble. I megaparsec indicano distanze enormi: 1 megaparsec equivale a 3,26 milioni di anni luce e 1 anno luce, a sua volta, equivale a quasi 9.500 miliardi di chilometri.
Il tasso di espansione del cosmo è dunque nettamente più elevato di quello fornito dal modello standard della cosmologia, la teoria fondamentale che descrive come funziona l’intero universo, che invece attribuisce alla costante di Hubble un valore di circa 67-68 chilometri al secondo per megaparsec usando come punto di riferimento non la distanza di stelle e galassie, ma la debole radiazione rimasta dopo il Big Bang, chiamata ‘fondo cosmico a microonde’. Questa discrepanza ha lasciato perplessi i ricercatori per oltre un decennio.
Risolvere questo conflitto tra le osservazioni e quanto previsto dalla teoria potrebbe aiutare a fare luce anche su altre ‘mancanze del modello cosmologico standard emerse negli ultimi anni: ad esempio, non spiega del tutto la natura della materia oscura e dell’energia oscura, che si stima costituiscano insieme il 96% dell’universo e siano responsabili proprio dell’espansione accelerata.
“Una possibile spiegazione della discrepanza potrebbe essere un nuovo componente della materia, che dopo il Big Bang ha dato all’universo una spinta inaspettata”, commenta Marc Kamionkowski della Johns Hopkins, che non è coinvolto nello studio ma ha contribuito a calcolare la costante di Hubble. “Ma ci sono altre possibilità valide – aggiunge Kamionkowski – come strane proprietà della materia oscura, la presenza di particelle esotiche o campi magnetici primordiali”.
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