Aumentano sempre più le sostanze inquinanti tossiche sepolte nella neve dell’Antartide: negli ultimi decenni si sono accumulati in particolare composti chiamati anche ‘forever chemicals’, ad indicare la loro capacità di resistere a lungo nell’ambiente, inquinandolo quindi per molto tempo. La scoperta arriva da uno studio
pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology e guidato dalla britannica Lancaster University, che ha individuato anche i probabili colpevoli: si tratta dei sostituti dei ben noti CFC, le sostanze usate per molto tempo come refrigeranti e poi bandite perché all’origine del buco dell’ozono.
I ricercatori, guidati da Jack Garnett, hanno estratto carote di ghiaccio dal remoto altopiano chiamato ‘Terra della Regina Maud’, nell’Antartide orientale. Le carote, che hanno fornito dati relativi al periodo che va dal 1957 al 2017, hanno dimostrato che questi composti chimici hanno man mano aumentato le loro concentrazioni nei decenni più recenti. Le sostanze più abbondanti trovate appartengono ai PFAS (sostanze perfluoro alchiliche): sono acidi molto forti usati in forma liquida, con una struttura chimica che li rende particolarmente resistenti. Sono utilizzati in moltissimi settori, dalla concia delle pelli alle padelle antiaderenti, dall’abbigliamento impermeabile al cartone per uso alimentare.
Secondo gli autori dello studio, queste sostanze chimiche stanno probabilmente raggiungendo l’Antartide grazie al rilascio in atmosfera di composti precursori da parte degli impianti industriali. I precursori si diffondono nell’atmosfera e reagendo con la luce si trasformano nei PFAS, che poi ricadono anche sopra questo remoto continente sotto forma di precipitazioni nevose. “Questi risultati ci ricordano che le nostre attività industriali hanno conseguenze globali”, commenta Anna Jones dell’organizzazione britannica British Antarctic Survey, co-autrice dello studio. “La neve e il ghiaccio dell'Antartide sono archivi fondamentali del nostro costante impatto sul pianeta”.
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