A causa del cambiamento climatico gli uccelli stanno anticipando sempre più le migrazioni primaverili ed il periodo di riproduzione, di 2-3 giorni ogni decennio a partire dal 1811. Le specie più influenzate sono quelle che vivono a latitudini più elevate, dove le temperature sono aumentate con maggiore intensità, e quelle che migrano solo su brevi distanze. Lo afferma uno studio guidato dall’Università di Milano e
pubblicato sulla rivista Ecological Monographs, che ha analizzato 684 specie di uccelli a livello globale dal 1811 al 2018. Lo studio fornisce dati utili anche per identificare le specie più a rischio, per eventuali interventi di tutela e conservazione.
I ricercatori, guidati da Andrea Romano, hanno osservato grosse differenze tra specie con caratteristiche ecologiche e biologiche differenti. Ad esempio, le specie che migrano su lunghe distanze (i cosiddetti migratori trans-continentali) hanno evidenziato anticipi meno marcati rispetto a quelle che si spostano solo entro il continente o che non effettuano migrazioni (i residenti). Inoltre, gli uccelli che hanno una dieta generalista o che si nutrono di piante tendono ad anticipare maggiormente le loro attività rispetto alle specie che adottano una dieta differente.
“Gli organismi stanno rispondendo alle variazioni ambientali ed ecologiche, ad esempio modificando la propria distribuzione verso regioni che sono diventate climaticamente più idonee, oppure attraverso un cambiamento delle tempistiche delle attività, come riproduzione e migrazione”, spiega Romano. “Tuttavia, queste risposte si dimostrano spesso insufficienti per tenere il passo del cambiamento climatico e molte popolazioni hanno manifestato profondi cali demografici – conclude il ricercatore – tanto che si stima che il cambiamento climatico possa rappresentare la principale fonte di estinzione locale nei prossimi decenni”.
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