Eventi estremi più frequenti come precipitazioni intense, ma anche siccità e ondate di calore, mettono a rischio la viticoltura eroica tipica del Prosecco, del Soave, del Passito e di molti altri vini italiani ed europei, come il Porto. Sono vini prodotti in ambienti ostili, con pendenze spesso superiori al 30%, tanto che la coltivazione viene definita 'eroica' e che ora sono in serio pericolo. Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista iScience e coordinato da Paolo Tarolli dell'Università di Padova, e al quale hanno partecipato l'Università di Udine e lo studio professionale olandese Cambisol. I risultati suggeriscono la necessità di nuove strategie di adattamento basate sull'uso di tecnologie, dai droni alle app, alle quali aggiungere incentivi per la gestione del territorio e, soprattutto, un dialogo costruttivo tra mondo della scienza e mondo rurale.
"La cosiddetta viticoltura eroica, quella che viene fatta in condizioni estreme ad esempio in aree con pendii molto ripidi come il Prosecco, è un'eccellenza italiana e di poche altre nazioni. Un patrimonio non solo enologico ma culturale e storico", ha detto all'ANSA Tarolli. Si tratta di coltivazioni molto complesse rese oggi ancor più difficili dai cambi climatici e gli associati eventi estremi, dalle piogge intense ai periodi di siccità o le ondate di calore ma sono possibili soluzioni. "Perdere queste coltivazioni - ha aggiunto - non vuol dire semplicemente perdere un calice di vino, ma perdere competenze e, soprattutto, una parte dell'identità delle popolazioni locali, nonché l'abbandono della gestione del territorio e il conseguente aumento dei rischi idrogeologici".
L'Europa ospita numerosi esempi di viticoltura eroica, come i vitigni di produzione del vino Porto in Portogallo, posti sugli aspri versanti bagnati dal fiume Douro, così come l'Italia, con i vini nati sulle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, fino alle isole più remote, come Pantelleria. "Anche le viticolture di maggior valore sono a rischio, ma - ha aggiunto il ricercatore - vogliamo dimostrare che però è possibile salvarle con soluzioni innovative".
Secondo i ricercatori è necessario mettere in campo un mix di soluzioni tecnologiche, utilizzando droni per monitorare i terreni oppure delle app per evidenziare le possibili aree a rischio e per facilitare interventi sul territorio, prima che si creino situazioni critiche, o ancora si potrebbero utilizzare piccoli trattori robot elettrici, più leggeri di quelli tradizionali, che limitino il compattamento dei suoli. Ma le tecnologie devono essere sostenute prima di tutto da incentivi economici per manutenere i terrazzamenti, estendere le coperture dei terreni e realizzare piccoli ma diffusi invasi per la raccolta delle acque piovane da usare nei periodi più caldi per l'irrigazione di emergenza. "La scienza può fare molto ma la cosa più importante è il dialogo", ha osservato Tarolli. "Spesso - ha concluso - c'è troppa distanza tra scienziati e agricoltori. Le soluzioni funzionano solo se si instaura un vero dialogo".
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