L’Oceano Artico sta cominciando a rilasciare più CO2 di quanta ne assorbe: in particolare nelle zone delle acque costiere, dove i fiumi si riversano in mare trascinando con sé sostanze inquinanti raccolte durante il loro percorso. È dunque a rischio uno dei principali depositi di anidride carbonica del pianeta: nonostante sia l’oceano più piccolo, infatti, l’Artico è in grado di assorbire fino a 180 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, oltre il triplo di quello che emette annualmente la città di New York. La scoperta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters e guidato dal laboratorio francese sull’Ambiente e le Società Costiere.
I ricercatori guidati da Clement Bertin si sono concentrati, in particolare, sulla zona del delta del fiume canadese Mackenzie, il secondo sistema fluviale più grande del continente nordamericano con i suoi oltre 4.200 chilometri, che sfocia in una regione dell'Oceano Artico chiamata Mare di Beaufort. Per capire cosa accade in quest’area, gli autori dello studio hanno utilizzato un modello messo a punto da Nasa e Massachusetts Institute of Technology, basato sui dati raccolti in più di 20 anni in tutto il mondo sia da satelliti che da strumenti marini: grazie a queste osservazioni, il modello è infatti in grado di simulare i cambiamenti che avvengono nell’oceano in seguito all’arrivo di acqua dolce accompagnata da altre sostanze come carbonio e azoto.
In questo modo, i ricercatori hanno scoperto che il bilancio tra assorbimento ed emissione di CO2 è cambiato: in questa zona l’Oceano Artico rilascia ogni anno 0,13 tonnellate di anidride carbonica in più rispetto a quella immagazzinata, più o meno l’equivalente delle emissioni annuali di 28mila automobili a benzina. Questi risultati sono preoccupanti, perché circa la metà dell’Oceano Artico è composta da acque costiere, dove l’acqua dolce si getta nel mare, e con il progressivo scioglimento dei ghiacci i fiumi scorrono più rapidamente, scaricando anche più materia organica.
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