Potrebbe essere pronta entro un paio di anni la nuova versione aggiornata del modello di pericolosità sismica dell'Italia (MPS04), la mappa che da vent'anni indica le aree più a rischio e rappresenta un punto di riferimento per le normative che regolano la progettazione e la costruzione degli edifici. Tra le novità spicca uno scuotimento del suolo maggiore del previsto nelle zone degli epicentri, anche in aree di particolare interesse come lo stretto di Messina. Lo preannuncia Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, a margine di un evento organizzato all'Ingv di Milano per celebrare i vent'anni dalla pubblicazione della prima edizione del modello.
"L'introduzione del modello di pericolosità sismica, fortemente voluta dai decisori politici, dalla protezione Civile e dall'Ingv dopo il terremoto del 2002 a San Giuliano di Puglia, ha rappresentato un salto culturale molto importante per l'Italia, perché - osserva Doglioni - ha iniziato il percorso fondamentale della prevenzione sismica. Grazie a questo strumento, finalmente si è diffusa la consapevolezza che buona parte della nazione è sismica, anche se con diversi livelli di pericolosità, e si è avuta una normativa chiara per tutto il territorio nazionale".
La prima edizione del modello era basata in gran parte sul catalogo dei terremoti documentati nell'ultimo millennio, "un catalogo straordinario, ma inevitabilmente incompleto per la lacunosità delle informazioni storiche, in particolare prima del 1500", sottolinea l'esperto. La nuova mappatura, invece, terrà conto di tutti i dati scientifici acquisiti dalle più recenti ricerche, anche a seguito dei tragici eventi sismici de L'Aquila (2009), dell'Emilia (2012) e del centro Italia (2016).
"L'aggiornamento costante della mappa è fondamentale: anche nazioni come gli Stati Uniti e la Nuova Zelanda hanno recentemente pubblicato una revisione dei loro modelli", ricorda Doglioni. "In questi ultimi vent'anni, grazie a una rete sismica più diffusa e capillare sul territorio, abbiamo acquisito dati geofisici molto più dettagliati e ricostruito un quadro più preciso di quello che accade nelle aree epicentrali: sappiamo che vanno protette di più perché in quelle zone lo scuotimento del suolo è maggiore di quanto ipotizzato finora. Di queste nuove conoscenze bisognerà tenere conto in fase di progettazione di edifici e infrastrutture, anche in zone di particolare interesse come lo stretto di Messina", conclude il presidente dell'Ingv.
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