Ottanta anni fa Enrico Fermi ritirava il Premio Nobel per la Fisica, per le scoperte che hanno aperto la strada alla fissione nucleare, e lasciava l'Italia.
Era il 10 dicembre 1938 e, dopo aver ritirato il premio a Stoccolma, Fermi proseguì il suo viaggio per gli Stati Uniti, dove andò a lavorare alla Columbia University, perché in Italia erano state promulgate le leggi razziali e sua moglie Laura, essendo ebrea, era soggetta alle persecuzioni imposte dal regime fascista.
"E' un anniversario che deve essere ricordato perché il premio Nobel a Fermi ha segnato l'apertura di un'epoca non solo per Fermi, ma anche per la fisica mondiale e quella italiana, che non veniva riconosciuta ai più alti livelli dai tempi di Marconi", ha detto all'ANSA il fisico Luciano Maiani, che ha tenuto una conferenza sul Nobel a Fermi nell'università di Pisa. Fermi, ha aggiunto, "è stato il padre fondatore della fisica delle particelle italiana, che è molto vigorosa e fruttuosa".
Viene ricordato soprattutto per le sue ricerche sulla fisica nucleare, ma ha dato contributi alla fisica delle particelle a 360 gradi e l'ampiezza della sua eredità si vede nelle parole che usano i fisici. Per esempio, ha spiegato Maiani, "usiamo il Fermi come unità di misura delle lunghezze nucleari e la scala di Fermi è la scala di energia che determina la massa delle particelle".
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