ROMA - "L'obsolescenza programmata troverà una soluzione quando i consumatori cambieranno approccio, passando dal possesso di un prodotto al suo noleggio e al pagamento dei servizi connessi": è il parere di Giovanni Miragliotta, direttore dell'Osservatorio Industria 4.0 e Internet delle Cose della School of Management del Politecnico di Milano, dopo che in Francia è stata aperta un'indagine sul rallentamento delle batterie degli iPhone di Apple.
"E' uno dei tanti casi tecnologici che periodicamente esplodono - aggiunge - il tema dell'obsolescenza programmata esiste dai tempi dell'invenzione delle lampadine. All'inizio erano costruite al meglio, poi tutti produttori si sono accordati per una vita ottimale. E' un caso documentato", tanto che è stato girato il documentario 'The Light Bulb Conspiracy'. "Il tema suscita grande nervosismo, ma non è facile entrare nel merito del giudizio ingegneristico e trovare un equilibrio. E' chiaro che i produttori hanno un conflitto di interessi, per questo lo scenario e la 'servitizzazione', cioè un approccio di utilizzo dei prodotti e non di possesso degli stessi", ribadisce Miragliotta spiegando che il concetto si sta già applicando al settore delle auto. "Con il noleggio e il car-sharing - osserva l'esperto - il conflitto di interessi del produttore sparisce. Qualsiasi costo legato all'efficienza del veicolo ricade sul produttore e non sul consumatore". Stessa cosa accade per le stampanti in affitto negli uffici, per gli access point Internet a noleggio e addirittura per i motori degli aerei che "non vengono acquistati, si pagano le ore di volo al produttore". E pure per gli smartphone, al centro della causa in Francia, ci sono servizi di affitto.
L'inchiesta francese su Apple è stata possibile grazie ad una legge in vigore che giudica l'obsolescenza programmata un reato. E il Parlamento Ue, prima dell'estate, ha approvato una risoluzione per promuovere prodotti con "un ciclo di vita più lungo dell'attuale". "Non è infittendo le norme e facendo cause che si risolve il problema - sostiene Miragliotta - sarebbe meglio orientare il quadro normativo sulle class action che consentono di intimidire i produttori. Con le nuove tecnologie è il consumatore che deve essere consapevole e cambiare abitudini, spingendo su una transizione da prodotto a servizio". Per l'esperto, infine, è da tenere d'occhio un movimento interessante che sta crescendo degli Stati Uniti che si chiama 'Right to repair'. Chiede che ai produttori di elettronica, tra cui Apple, di vendere le parti di ricambio dei loro prodotti ai consumatori e ai riparatori indipendenti, oltre a dover rendere disponibili al pubblico i manuali diagnostici e di servizio. "si risparmierebbe sulla riparazione e ci sarebbe un vantaggio anche sul riuso dei prodotti", conclude Miragliotta.
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