La sfida di Seattle a Amazon e Starbucks è durata solo un mese. La città si piega al pressing delle grandi aziende e cancella la cosiddetta 'tassa Amazon', ovvero l'imposta sulle big decisa per far fronte all'emergenza senzatetto, divenuta una vera piaga. A soli 30 giorni dalla sua approvazione unanime in consiglio comunale, Seattle fa marcia indietro sulla tassa da 275 dollari a dipendente per le aziende che realizzano ricavi per almeno 20 milioni di dollari.
Un'imposta immediatamente criticata e intorno alla quale si è aperta una vera e propria battaglia con raccolte di firme per portarla al referendum in novembre. Uno scenario che ha spaventato il consiglio comunale, spingendolo a convocare una riunione di emergenza per cancellare l'imposta. Una marcia indietro considerata una vittoria per Amazon, che a Seattle ha la sua sede. "Il voto del consiglio comunale per cancellare una tassa sulla creazione di posti di lavoro e una decisione giusta", commenta Amazon, dicendosi impegnata a ''essere parte di una soluzione per mettere fine all'emergenza senza tetto'' della città. Il consiglio comunale aveva approvato l'imposta all'unanimità.
Ora l'ha bocciata con sette voti a favore e due contrari: "Una prolungata e costosa battaglia politica nei prossimi cinque mesi" sulla misura "non farà nulla a favore della crisi urgente dei senza tetto" ha spiegato il sindaco motivando la decisione di un voto d'urgenza. L'esperienza di Seattle mostra il potere delle grandi aziende ed è una lezione per le altre città della Silicon Valley che volevano ispirarsi alla strada aperta per cercare di chiudere il sempre più ampio divario di reddito esistente e affrontare la piaga della crescente povertà. L'area infatti presenta due facce ben distinte: da un lato la ricchezza dei colossi tecnologici, dall'altro il gruppo sempre più folto di coloro che sono rimasti tagliati fuori dal boom e per i quali vivere nell'area è ormai proibitivo, tanto da cercare riparo in strutture pubbliche.
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