Facebook nuovamente nel mirino sul fronte della violazione della privacy: secondo quando scrive il New York Times, nel tempo avrebbe stipulato accordi con almeno 60 produttori di smartphone, tablet e altri dispositivi mobili, permettendo loro di accedere ai dati personali di migliaia di utenti e dei loro 'amici' senza esplicito consenso. Tra i gruppi con cui il colosso di Mark Zuckerberg negli ultimi dieci anni avrebbe siglato intese ci sarebbero Apple, Amazon, BlackBerry, Microsoft e Samsung.
Non si fa attendere la risposta della società. Facebook ha dato accesso ai dati degli utenti ai costruttori di dispositivi mobili al solo scopo di portare il social network sui diversi smartphone esistenti, in un periodo in cui non c'erano i negozi di app. Lo scrive il vicepresidente di Facebook Ime Archibong in risposta al New York Times secondo il quale nel tempo FB avrebbe stipulato accordi con almeno 60 produttori. I costruttori hanno "firmato accordi che impedivano l'uso delle informazioni" per scopi diversi, scrive, e hanno chiesto il consenso degli utenti.
"Fino al 2015, le app di Facebook potevano avere accesso non solo ai dati degli utenti che le installavano ma anche dei loro amici. In media gli utenti di Facebook hanno tra i 200 e i 300 amici, quindi parliamo di un aumento esponenziale". Lo ha detto Sandy Parakilas, ex manager operativo di Facebook nel 2011 e 2012 al Parlamento europeo, riferendosi al caso sollevato dal New York Times. "Il problema è che Facebook non aveva nessuna capacità di controllare questi programmatori terzi con i dati che avevano raccolto".
Nella risposta al Nyt, Facebook spiega la situazione ed evidenzia di non essere a conoscenza di abusi. "Nei primi giorni del 'mobile' - ricorda Archibong - non c'erano negozi di app, quindi aziende come Facebook, Google, Twitter e YouTube dovevano lavorare direttamente con i produttori di sistemi operativi e dispositivi per portare i loro prodotti nelle mani delle persone", spiega Archibong. "Abbiamo creato una serie di API (interfacce di programmazione di una app, ndr) che hanno consentito alle aziende" di portare Facebook sugli smartphone.
"Nell'ultimo decennio - conferma il manager - circa 60 aziende li hanno utilizzati, tra cui Amazon, Apple, Blackberry, HTC, Microsoft e Samsung". "Dato che queste API hanno consentito ad altre società di ricreare l'esperienza di Facebook, le abbiamo controllate in modo stretto sin dall'inizio. Questi partner hanno firmato accordi che impedivano l'utilizzo delle informazioni degli utenti per scopi diversi", sottolinea Archibong. Inoltre "i partner non potevano integrare le informazioni nei dispositivi senza il permesso dell'utente". "Contrariamente alle affermazioni del New York Times, le informazioni degli amici, come le foto, erano accessibili sui dispositivi solo quando le persone decidevano di condividere le proprie informazioni con quegli amici", prosegue il manager, che rimarca: "Non siamo a conoscenza di eventuali abusi da parte di queste aziende".
La maggior parte di questi accordi basati sulla condivisione dei dati personali - scrive il New York Times - è ancora in vigore e ha permesso a Facebook di estendere enormemente il suo raggio d'azione, lasciando i produttori di dispositivi mobili liberi di offrire e diffondere ai propri utenti alcuni dei servizi più popolari che caratterizzano il colosso dei social media.
In cambio Facebook ha permesso a gruppi come Apple e Samsung di accedere alle informazioni personali dei propri utenti e dei loro 'amici' sulla piattaforma social, anche nei casi in cui questi ultimi erano convinti di aver negato ogni condivisione dei propri dati. Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, che ha riguardato il 'furto' di decine di milioni di dati personali di utenti Facebook utilizzati per scopi politici, questa nuova vicenda rischia di sollevare un nuovo polverone sul gruppo di Mark Zuckerberg.
I vertici di Menlo Park infatti hanno sempre parlato di una stretta sulla raccolta di dati personali a partire dal 2015, ma avrebbero omesso di svelare alcune eccezioni. Tra queste proprio quella riguardante l'esenzioni per i produttori di smartphone, tablet ed altri dispositivi hardware.
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