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Vino e cibo, l'abbinamento del weekend

Carbonara, un piatto della tradizione da... sgrassare

Redazione ANSA

Che la cucina italiana sia amata ed apprezzata in tutto il mondo, ormai, è un indiscutibile dato di fatto. Un successo imputabile a molteplici fattori, tra i quali, sicuramente, la nutrita offerta di piatti della tradizione. Ad occupare una posizione di primo piano c’è senz’altro la carbonara, ricetta che incarna alla perfezione il concetto di “glocal”: messa a punto in Italia, dall’ipocentro romanesco si è espansa a dismisura, raggiungendo una dimensione universale. Tra tutti i pregi, ha dalla sua una grande versatilità “funzionale”: che ci si sieda a tavola per puro piacere edonistico o semplicemente in cerca di “sostanza”, la carbonara mette d’accordo proprio tutti. Diretta ed avvolgente, è anche il perfetto paradigma di quanto complessa può risultare l’essenzialità. Pochi ingredienti e una preparazione – apparentemente – semplice ne hanno incoraggiato la diffusione tra le mura domestiche, aprendo le porte a numerose rivisitazioni – con risultati, a volte, poco lusinghieri, se non addirittura snaturanti.

Il numero di varianti che ne consegue complica, inevitabilmente, la nostra ricerca del vino da abbinare. Supponendo si segua la ricetta tradizionale, con la miscelazione degli ingredienti a fuoco spento, avremo un piatto dove saranno nette grassezza e tendenza dolce, apportate dalla presenza dell’uovo grezzo. Anche il pecorino e, soprattutto, il guanciale contribuiranno alla grassezza complessiva, donando, al contempo, sapore al piatto (e un velo di piccantezza, se il guanciale è conservato con il peperoncino). Infine, l’aggiunta del pepe regalerà al piatto un piacevole sottofondo speziato. Ecco perché ci si dovrà orientare su un vino che garantisca pulizia di bocca ed equilibrio gustativo, fattori da ricercare, rispettivamente, nel potere sgrassante dell’acidità ed in una sapidità adeguata. L’avvolgenza gustativa del piatto e la speziatura, poi, richiederanno un vino dall’intensità evidente e con una pregevole persistenza.

A candidarsi come partner per la nostra carbonara è il Verdicchio dei Castelli di Jesi, storica denominazione marchigiana condivisa tra le province di Ancona e Macerata, che si sviluppa in un territorio spettacolare, un tempo sommerso dal mare. La natura del piatto, poi, apre le porte anche all’abbinamento con una bollicina, dove la presenza di anidride carbonica aiuterà l’acidità a sgrassare il palato. Dovessimo sbilanciarci tra le importanti realtà spumantistiche che caratterizzano il nostro paese, opteremmo per l’avvolgenza e la verve sapida del Trento Doc, da preferire, comunque, in una versione non dosata (“Pas Dosé”). Scelta, questa, che calzerebbe anche se si optasse per una rivisitazione sempre più in voga, con l’aggiunta di tartufo a guarnire il piatto.

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