Un'abbazia benedettina
dell'XI secolo, Sant'Urbano ad Apiro (Macerata), si trasforma in
una piattaforma di innovazione per sperimentare buone pratiche
che permettano di rigenerare il suolo. Parte dalle Marche un
modello di economia circolare che trasforma agricoltori,
allevatori e consumatori in 'rigeneratori', per difendere "il
bene più prezioso, l'integrità del terreno, perché senza un
suolo di qualità non avremo un cibo di qualità". E' il progetto
Arca (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata
dell'Ambiente), nato nel 1988 a Serra San Quirico (Ancona)
dall'imprenditore Bruno Garbini e ripartito ora con due soci
importanti, Enrico Loccioni e Giovanni Fileni. Il progetto si
propone di diffondere pratiche di coltivazione di tipo
bio-conservativo, per permettere una rigenerazione dei suoli
marchigiani, creare filiere alimentari e zootecniche di qualità
certificata, curare il dissesto idrogeologico. L'ispirazione
deriva da quanto avveniva nella tradizionale casa colonica
marchigiana prima dell'industrializzazione dell'agricoltura, un
micro circolo di riutilizzo che aveva come scopo quello di
preservare la fertilità del terreno per le generazioni future.
Tra le buone pratiche promosse da Arca alcune sono retaggio
della coltura benedettina e mezzadrile praticata anticamente
nelle Marche (rotazioni colturali, consociazioni e sovesci,
solchi acquai trasversali, concimazioni organiche), unite a
ricerca, digitalizzazione, commercializzazione moderna.
Ad oggi hanno aderito ad arca 13 produttori e trasformatori
delle tre Valli dell'Esino, del Nevola e del Misa, che operano
su una superficie di 1.980 ettari. Gli alimenti prodotti sono
vino (48%), farine pane e cereali (44%), olio.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA