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Cia, prezzo del grano duro crolla ma la pasta rincara. E' una speculazione

Beffa per cerealicoltori già vittime di aumenti costi e siccità

Redazione ANSA ROMA

(ANSA) - ROMA - Il crollo di 45 euro/ton. del grano duro alla Borsa merci di Bari rischia di mettere in ginocchio gli agricoltori, già vittime dei folli aumenti dei costi di produzione e della siccità. Un deprezzamento che va contro ogni logica, in un momento di stallo del mercato cerealicolo dopo il conflitto ucraino e con il prezzo della pasta aumentato del 17%.

Cia-Agricoltori Italiani lancia l'allarme per il forte ribasso delle quotazioni, condizionate dagli effetti speculativi della finanza internazionale: da 565 euro/ton. alle attuali 520, nell'arco di una sola settimana. L'indice dei future sul grano duro alla Borsa di Chicago è schizzato dopo, sostiene la confederazione agricola, le notizie-fatte girare "ad arte" di presunte stime abbondanti sul prossimo raccolto in Canada.

Secondo Cia, tali stime, molto affrettate (la trebbiatura in Nord America si effettua fra tre/quattro mesi), vengono pubblicizzate al solo scopo di indurre i cerealicoltori italiani a vendere subito, con la logica conseguenza del calo dei prezzi.

Le attuali quotazioni del grano duro sono lontane da quelle di qualche settimana fa e gli imprenditori agricoli ne reclamano, pertanto, il giusto prezzo, condizione essenziale per la copertura dei costi di produzione fortemente maggiorati. Se il costo medio di produzione per ettaro di grano duro si attestava, sottolinea Cia, sui 700 euro, oggi ne occorrono almeno 1200. La gran parte di questi aumenti è da riversare sull'aumento del costo del carburante agricolo (schizzato a 1,60 euro al litro), a cui si aggiunge il calo della produzione, con rese che saranno inferiori di circa il 35% alle medie degli ultimi anni, diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità. In queste condizioni, secondo Cia, sarà difficile seminare nuovamente frumento duro in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime dall'estero e un danno alla filiera della pasta 100% Made in Italy. (ANSA).

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