È sempre stato stretto il rapporto tra i consumatori italiani, a tavola tra i più esigenti al mondo, e l'industria alimentare. Oggi, con la crescita degli stili di vita alimentari, il comparto si sta dimostrando in grado di rispondere una forte istanza di benessere psicofisico.
In particolare producendo derrate e pietanze per una polifonìa di gusti, un mosaico di regimi alimentari praticati in Italia che spaziano da un 93% di onnivori, a un 7% che si dichiara vegetariano, un 4% che si dichiara vegano, un 22% di innovatori e curiosi, un 42% di abitudinari a tavole, e un 7% che si definisce appassionato di cucina.
Sono alcuni dati del primo Rapporto Federalimentare-Censis sul valore economico e sociale dell'industria alimentare italiana, presentato alla Camera. Dal report emerge che l'86,4% degli italiani ha fiducia nell'industria alimentare italiana. Con 179 miliardi di euro di fatturato annuo, 60 mila imprese e 464 mila occupati è componente di primo piano dell'interesse nazionale.
Nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani l'industria alimentare è al primo posto per fatturato, al secondo posto per numero di imprese, per addetti e per l'export in valore. In dieci anni il fatturato ha registrato in termini reali un incremento del 24,7%, il numero di addetti del 12,2% e il valore delle esportazioni del 60,3%. L'industria alimentare risponde a una spesa interna che, come quota del totale della spesa, è in Italia pari al 16,6%, come la Spagna, superiore a Francia (15,7%), Paesi Bassi (13,9%), Germania (13,4%) e media della Ue a 27 Paesi (16,1%).
Inoltre la ricerca Federalimentare-Censis evidenzia che pur non rinunciando al rigoroso controllo del budget familiare, il 63,4% degli italiani per alcuni alimenti acquista solo prodotti di qualità, senza badare al prezzo. Il 79%, pur praticando diete soggettive nel perimetro di quelle tipicamente italiane, apprezza la disponibilità di nuove referenze nei punti vendita. È il senso del ruolo sociale di promozione del benessere e di welfare dei consumi alimentari.