Nell'ultimo mese il 40% degli italiani ha consumato prodotti bologici almeno tre o quattro volte a settimana, ma il 79% non conosce le nuove certificazioni che utilizzano le tecnologie omiche per la tracciabilità. E' il risultato di un'indagine presentata all'Università Cattolica, campus di Cremona, in un convegno promosso nell'ambito del progetto "Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore" "La maggior parte degli italiani non ha mai sentito parlare delle tecnologie omiche applicate al cibo - osserva la ricercatrice Greta Castellini alla Facoltà di Scienze Agrarie della Cattolica - dopo aver presentato e spiegato dettagliatamente tali tecnologie e il loro potenziale ai partecipanti dello studio, questi ultimi le hanno considerate interessanti (54%), positive (58%) e non pericolose (55%)".
Infatti, il 43% ritiene che l'utilizzo delle tecnologie omiche possa essere evitato in quanto non necessario ai fini della certificazione biologica di un alimento. In media, il campione dell'indagine ha affermato di essere disposto a pagare circa il 9% in più per gli ortaggi certificati con tecnologie omiche rispetto a quelli non certificati con tali tecnologie. "A oggi le certificazioni sono principalmente cartacee e quindi più facilmente soggette a frodi", spiega Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla Cattolica, che auspica quindi il ricorso nei prossimi anni a queste nuove tecnologie omiche, quantomeno in un'ottica di verifiche a campione. Negli ultimi anni, ricorda lo studio, è aumentata la richiesta di cibi bio, in particolare da parte di giovani (62%), laureati (47%) e persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%); i prodotti maggiormente acquistati sono uova (69%), ortaggi (66%) e frutta (62%), scelti poiché considerati salubri, naturali e rispettosi dell'ambiente. Eppure chi lo compra non sa bene in cosa consistono le certificazioni, pur identificandole come garanzia di maggiore sicurezza. Secondo lo studio il 48% ripone poca fiducia verso gli enti che certificano questi prodotti e verso l'industria Italiana che li promuove.
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