Hanno corso il rischio di perdere l'etichetta bio le cozze e le vongole italiane allevate per lo più nell'area del Delta del Po con questo metodo evitando un deprezzamento del 10-15%. Un regolamento comunitario entrato in vigore ad inizio anno, infatti, contiene dei parametri di classificazione delle acque che potevano far perdere il riconoscimento a produzioni che valgono complessivamente oltre 1,5 milione di euro. E' stato quindi necessario l'intervento un decreto firmato dal sottosegretario Mipaaf, Francesco Battistoni, che, pur rispettando i dettami europei, ha permesso di tutelare queste produzioni fermo restando il costante esame dello stato di salute delle acque dove vengono allevate.
Un pericolo scampato fa sapere all'ANSA Fedagripesca-Confcooperative che si è battuta per salvare queste produzioni, circa 1,5 milione di kg di cozze di Scardovari e poco più di 25 mila tonnellate di vongole di Goro per un valore di 270 mila euro.
"Per il fatto che i nostri molluschi vengono portati presso lo stabulario per togliere la sabbia è stato messo a repentaglio un delicato sistema di produzione, biologico per natura", spiega il produttore di Goro e vicepresidente di Fedagripesca-Confcooperative Emilia Romagna, Vadis Paesanti.
"Perdere il riconoscimento bio - precisa il direttore commerciale del Consorzio cooperative pescatori del Polesine a Scardovari in Veneto Gabriele Siviero - avrebbe significato non solo squalificare le nostre produzioni ma mettere a rischio anche l'export. Mentre le vongole hanno come mercato di riferimento principalmente l'Italia, il 60% della cozza bio di Scardovari è destinato alla Francia che apprezza la qualità delle carni che le acque di queste parti sanno conferirgli e per le dimensioni". Si tratta di una garanzia non solo per produttori ma anche per i consumatori, visto che 6 italiani su 7 sono disposti a pagare qualcosa in più per acquistare prodotto ittico bio, come fa sapere un sondaggio Fedagripesca.
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