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Pesca patrimonio culturale dell'Unesco, si lavora al dossier

Pesca patrimonio culturale dell'Unesco, si lavora al dossier

Mettere in risalto carte vincenti, tradizione, turismo e coste

ROMA, 31 luglio 2023, 13:07

Redazione ANSA

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Pesca: Patuanelli, 40 milioni già sul tavolo per filiera - RIPRODUZIONE RISERVATA

Pesca: Patuanelli, 40 milioni già sul tavolo per filiera - RIPRODUZIONE RISERVATA
Pesca: Patuanelli, 40 milioni già sul tavolo per filiera - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fare squadra per mettere in risalto i valori vincenti della pesca per poterla candidare nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Unesco. Si lavora alla stesura del dossier che dovrà essere innanzitutto valutato dalla commissione nazionale italiana Unesco in autunno, come primo passo del lungo iter. Presentato a maggio scorso al ministero delle Politiche agricole, il progetto 'Patrimonio culturale della pesca' (Pcp) è promosso dai Flag italiani, i Fishery Local Action Group, partenariati pubblico-privati che agiscono per lo sviluppo delle aree costiere nell'ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Tante le carte vincenti da giocare, si punta infatti sul turismo attraverso la valorizzazione dei luoghi, dei mestieri e dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura. "Tra gli obiettivi c'è anche quello di valorizzare la figura del pescatore", ha detto in un seminario sulla preparazione del testo il presidente del Flag Veneziano- VeGAL e capofila del progetto Antonio Gottardo, che si è detto convinto che "pesca e turismo siano interdipendenti, così come lo sono la pesca, il territorio e il prodotto enogastronomico".

A oggi il dossier è incentrato sulla pesca tradizionale con attrezzi artigianali in acque basse come patrimonio culturale immateriale, e comprende la sostenibilità (prevale l'impiego della forza fisica dell'uomo e l'uso di attrezzi da pesca selettivi), importante presidio per contrastare alcuni fenomeni generati dai cambiamenti climatici. Decisivo il ruolo del Mipaaf nel processo di esame delle proposte che ha invitato a restringere il campo di indagine perché le candidature già in essere o iscritte sono tutte molte specifiche, esclusive, omogenee e ben identificate. L'Italia ha la stragrande maggioranza di denominazioni registrate rispetto a tutti gli altri Paesi e le future candidature saranno valutate anche in virtù di questo dato.

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