Non solo petrolio, sotto la spinta dell'attacco della Russia all'Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel. E' quanto emerge dall'analisi alla chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole con il rischio reale di speculazioni e carestie che nel passato hanno provocato tensioni, sociali, politiche e flussi migratori anche verso l'Italia.
L'aumento delle quotazioni delle materie prime, sottolinea la Coldiretti, ha interessato anche i prodotti base per l'alimentazione degli animali negli allevamenti come la soia che ha raggiunto il massimo dal 2012 e mais che è al massimo da otto mesi. L' Ucraina ha un ruolo importante anche sul fronte agricolo, evidenzia la Coldiretti, con la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l'alimentazione animale (5° posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo) mentre la Russia è il principale Paese esportatore di grano a livello mondiale.
A preoccupare i mercati è il fatto che le tensioni tra i due Paesi possano frenare le spedizioni dalla Russia e bloccare le spedizioni ucraine dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali con il rischio di inflazioni su beni di consumo primario, carestie e tensioni sociali. Un'emergenza mondiale che riguarda direttamente l'Italia, Paese deficitario che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l'alimentazione del bestiame.
L'Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, dopo aver ridotto di quasi 1/3 la produzione di mais negli ultimi 10 anni, durante i quali è scomparso 1 campo di grano su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati. Molte industrie per miopia, secondo la Coldiretti, hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera.
Oggi ci sono le condizioni per incrementare la produzione in Italia, precisa la Coldiretti, dove secondo l'Istat a oggi si stimano 500.596 ettari seminati a grano tenero per il pane (+0,5%), mentre la superfice del grano duro risulta in leggera flessione dell'1,4% per un totale di 1.211.304 ettari; una prima analisi sulla quale pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato.
"La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese fortemente deficitario in alcuni settori dove occorre un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities", afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, nel precisare quindi "la necessità di garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle con prezzi giusti che consentano agli allevatori di continuare a lavorare".
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