(ANSA) - ROMA - Non conta solo la composizione e la qualità nutrizionale di un alimento, ma anche il grado di lavorazione, un elemento questo cruciale per conoscere il reale effetto del cibo sulla salute e quindi indicarlo in etichetta aiuterebbe i consumatori a scegliere con maggiore consapevolezza. Sono i risultati di uno studio italiano realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell'I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) in collaborazione con diverse Università, pubblicata sulla rivista British Medical Journal. La ricerca condotta per 12 anni sullo stato di salute di oltre 22 mila persone ha indagato quale aspetto dell'alimentazione definisca meglio il rischio di mortalità.
Basti pensare che nel mondo 1 morte su 5 sia dovuta ad una scorretta alimentazione, per un totale di 11 milioni di decessi l'anno. Secondo l'epidemiologa del Dipartimento primo autore dello studio, Marialaura Bonacci, i risultati hanno evidenziato che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale aumenta il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari, ma a fare peggio è quello dei cibi ultra-processati. In realtà, oltre l'80% degli alimenti classificati come non salutari dal Nutri-Score sono anche ultra-lavorati. "Il rischio aumentato mortalità quindi non è da imputare direttamente o esclusivamente alla bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti - spiega la ricercatrice - ma al fatto che siano anche ultra-lavorati". Il sistema di etichettatura, quindi, deve valutare un alimento sulla base delle caratteristiche nutrizionali ma soprattutto se sia stato lavorato a livello industriale. Il sistema NOVA messo a punto dai ricercatori identifica cibi con sostanze che contengono additivi, come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti. Fanno parte di questa categoria bevande zuccherate e gassate, prodotti da forno preconfezionati, creme spalmabili, ma anche fette biscottate, alcuni cereali per la colazione, cracker e yogurt alla frutta. Una fettina di carne sarebbe preferibile a un hamburger vegano perché non ha subito manipolazioni industriali e verosimilmente non contiene additivi alimentari. Il Nutri-Score, così come anche altri sistemi di etichettatura, rischia di veicolare solo parzialmente il messaggio volto a migliorare le scelte a tavola.
(ANSA).