Un innovativo progetto di ricerca internazionale, avviato da pochi giorni, mira a garantire alle coltivazioni di mais una maggiore resistenza ai sempre più numerosi effetti del cambiamento climatico. Si tratta di 'Dromamed', coinvolge nove nazioni tra Europa e Nord Africa, fra cui l'Italia, e ha come principale obiettivo la capitalizzazione del germoplasma del mais mediterraneo per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali, valorizzando la tolleranza della coltura agli stress. Un intento in linea con gli obiettivi comunitari in materia di sostenibilità, che mira a tutelare la biodiversità e le risorse genetiche. Il progetto, della durata di 36 mesi, è nato, sul versante italiano, dalla collaborazione tra il Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali del Crea e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell'Università di Bologna e si è concretizzato anche grazie al supporto dell'Associazione Italiana Maiscoltori-Ami e della Confederazione Produttori Agricoli-Copagri.
"Questo - spiegano i ricercatori - è il primo tentativo così largamente condiviso tra numerosi partner di entrambe le sponde del Mediterraneo di impostare il miglioramento genetico del mais per tolleranza alla siccità e agli stress correlati negli areali del Sud Europa e del Nord Africa e, in prospettiva, in aree più ampie di diffusione di questa coltura. Obiettivo generale della ricerca è la capitalizzazione delle risorse genetiche mediterranee, italiane ed europee di mais, per superare le limitazioni attuali nell'adattamento di questa coltura a condizioni agroambientali sub-ottimali, o in aree mediterranee o dovute al climate change".
La superficie coltivata a mais in Italia nel 2021 è scesa sotto i 600mila ettari, rispetto ai quasi 630mila del 2019; sul fronte della produzione resta per ora il dato della scorsa annata, nella quale l'Italia ha potuto contare su 6,8 milioni di tonnellate, in aumento rispetto alle 6,2 del 2019.