Attualmente la Sardegna importa, tra carni suine fresche e trasformate, circa l'80% del prodotto da mercati nazionali ed esteri, riuscendo ad offrire alla piazza isolana soltanto il 20% di carni provenienti da animali allevati e macellati nel territorio. I consumi medi reali, pro capite, di carne suina in Sardegna sono leggermente superiori rispetto a quelli nazionali (17 kg) e si attestano intorno ai 18 kg. Complessivamente, davanti a un consumo medio di 300 mila quintali di carni suine all'anno, la Sardegna risponde con una produzione di 55 mila quintali. A causa della peste suina africana e al blocco delle esportazioni, l'isola ha perso importanti quote di mercato: dal 2010 a oggi -60% della produzione suinicola e di conseguenza anche il 60% del reddito potenziale generato dal comparto.
Secondo la Banca Dati Nazionale dell'Anagrafe Zootecnica, al 2022 la Sardegna possiede il 2% del patrimonio suinicolo nazionale, con 165.157 capi, distribuiti su 12.339 aziende di piccole dimensioni, localizzate principalmente tra le province di Oristano, Cagliari e Sassari. Secondo i numeri emersi dall'appuntamento, inoltre, il 90% di questi allevamenti è di tipo stabulato e soltanto il 10% è semibrado e l'organizzazione è prevalentemente a ciclo chiuso (96%), ovvero sono presenti all'interno tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla riproduzione all'ingrasso, con una consistenza media di 13 capi per azienda. L'orientamento produttivo predominante, è emerso ancora dai lavori, è quello del suinetto da latte (6-10 Kg.) e del magrone (90-110 Kg.) che rappresentano rispettivamente il 67% e il 24% delle macellazioni del 2022. Risulta invece quasi inesistente la produzione del suino pesante (130-160 Kg)
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