Una filiera strategica, quella del bovino italiano, che rappresenta più del 4% del fatturato del comparto agroalimentare per un valore di oltre 6 miliardi di euro, messa a rischio dal fuoco incrociato da politiche europee miopi. Senza sapere che il sistema italiano è già 'net zero'. A lanciare l'allarme è Assocarni in un evento internazionale organizzato in collaborazione con Coldiretti.
"Le politiche che arrivano da Bruxelles - ha detto il presidente di Assocarni Luigi Scordamaglia - sembrano voler andare verso lo smantellamento della produzione e dell’allevamento, con rischi non solo per chi lavora nelle filiere, ma anche in termini di sicurezza alimentare, condannando l’Italia alla dipendenza da paesi terzi che producono con standard meno elevati dei nostri anche dal punto di vista ambientale”. Un capitolo questo sul quale c'è molta confusione affrontato nel corso dei lavori.
“Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già 'net zero' per quel che riguarda le emissioni di gas climalteranti”, ha spiegato Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari. L'Italia si conferma tra i Paesi più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni nel settore che pesano secondo l'Ispra il 5% del totale, scese del 10% solo negli ultimi 10 anni. A questo va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento.
Con le nuove metriche, quindi, il saldo dell’allevamento bovino è in negativo, il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione. “Dobbiamo a guardare a questa filiera come parte integrante di un’economia circolare - ha aggiunto il professore - pensare quindi di imporre arbitrariamente e senza studi politiche per ridurre i capi di bestiame degli allevamenti bovini in Italia non solo sarebbe nocivo dal punto di vista economico e sociale, ma come dimostrano questi dati recenti, anche controproducente dal punto di vista ambientale”.
In collaborazione con:
Assocarni