Il sale made in Italy diventi un prodotto di qualità tipico, una denominazione delle tante eccellenze Doc del patrimonio nazionale. E' la proposta lanciata dal Ceves, Centro studi dell'Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti, nel precisare che l'Italia ha pochissimi sali che rientrano in un riconoscimento ufficiale, come l'Igp Antica Salina Nubia di Trapani e il presidio Slow Food del sale di Cerva a Cervia.
Troppo pochi a fronte di mare e miniere in grado di fornire almeno una dozzina di prodotti riconosciuti, disciplinati e certificati, ognuno con una sua caratteristica che potrebbero entrare di diritto tra le eccellenze a denominazione, un patrimonio di alta qualità da non disperdere.
"Non è possibile che 1 kg di sale del Sud di Londra, tra i più richiesti nei grandi ristoranti senza certificazione e tracciabilità, costi al consumatore 26-27 euro contro i 7 euro dell'Igp di Cervia", sottolinea il presidente del Centro studi Giampietro Comolli, che lancia un appello alla Coldiretti per una crociata a difesa di un sale tricolore che abbia in etichetta una sorta di carta d'identità con nome e cognome, e non sia più percepita come una commodity senza differenze qualitative compensate dal mercato.
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