Il vino dealcolato "è un prodotto diverso, lontano dalla sua origine e dai suoi tratti distintivi, che assolve ad un ruolo diverso: non deve essere vissuto come una minaccia, ma come un mezzo che può smuovere equilibri e creare nuove possibilità di mercato".
Ne è convinto l'enologo senese, Jacopo Vagaggini, che spiega tecnicamente in cosa consiste, le conseguenze e soprattutto il perché la parola "vino dealcolato" fa così paura. Spiega che la dealcolazione è una pratica ammessa per legge nella misura massima di 2% alcool (corrispondente al 20% del volume totale) tramite due metodi fisici: l'osmosi inversa, in cui il vino passa attraverso membrane semi-premiabili a pressioni molto elevate fino a 40 atmosfere, da cui si estrae una miscela di acqua ed alcool. L'alcool viene poi separato per distillazione; l'acqua rimanente, cosiddetta acqua di vegetazione, deve essere reincorporata nel vino originale per abbassarne la gradazione alcolica. Quest'ultimo passaggio è stato a lungo incriminato, erroneamente scambiato per un annacquamento che, al contrario, implica un aumento di volume tramite aggiunta di acqua con conseguente diluzione e abbassamento di gradazione alcolica. In alternativa c'è la tecnica dell'evaporazione sottovuoto.
L'alcool etilico ha una temperatura di evaporazione di circa 78°C, più bassa rispetta a quella dell'acqua (100°C); lavorando sottovuoto, che abbassa la temperatura di evaporazione, a circa 20°C si riesce quindi ad eliminare l'alcool senza rimuovere l'acqua. Questa pratica è efficace, ma impoverisce il vino di molti profumi.
"Non c'è dubbio che un vino dealcolato sia un prodotto molto artefatto, lontano dalla sua origine e dai suoi tratti distintivi", sottolinea Vagaggini. "Il vino dealcolato è un prodotto diverso che assolve a un ruolo diverso. Viviamo in un mondo sempre più variegato dove la diversità non è più una minaccia, ma un punto di forza che crea nuove possibilità di mercato: anche nelle aziende vinicole la gamma di vini tende ad ampliarsi sempre di più per soddisfare le più svariate richieste. E' spesso nell'estremo che si trova l'equilibrio. È probabile che il vino dealcolato smuova degli equilibri, spingendo il mercato verso vini meno alcolici, un aspetto su cui si lavora da tempo su molti fronti sperimentali: nuove forme di allevamento, nuovi cloni e soprattutto portinnesti più resistenti alla siccità, prodotti e lavorazioni che aiutano la pianta a tollerare meglio il caldo e lo stress. Da alcuni anni stiamo lavorando su nuovi ceppi di lievito in grado di allungare la prima fermentazione del vino, chiamata glicero-piruvica, che sottrae parte dello zucchero destinato alla fermentazione alcolica".