BILBAO - Guggenheim Bilbao fa luce sulle invisibili dell' arte astratta. La storia scritta dagli uomini ha concentrato l' attenzione su come nel Novecento i protagonisti della produzione creativa in Europa e negli Stati Uniti hanno dato forma a una visione della modernità sganciata dal figurativo e dalla rappresentazione oggettiva ma dietro le quinte- ad eccezione di pochi casi - un esercito di artiste ha prodotto parallelamente lavori di qualità e attualità di altissimo valore rimasti nell' ombra. Ad accendere fino 27 febbraio i riflettori sull' altro sguardo sulla realtà è la mostra di grande fascino ''Donne dell' Astrazione'', ideata da Christine Macel, curatrice capo del Centre Pompidou, con Karolina Leewandowska, direttrice del museo di Varsavia, e Lekha Hileman Waitoller, curatrice del museo spagnolo. Negli spazi del contenitore straordinario disegnato da Frank Owen Gehry scorrono cinquecento opere di 112 artiste, un racconto imponente complesso e corale fino agli anni Ottanta, cronologico e tematico che va oltre la pittura e include danza, fotografia, tessuti e arti decorative, superando il punto di vista occidentale per abbracciare America del Sud, Asia, Africa e Australia. Le donne, è il punto di partenza, già dalla seconda metà dell' Ottocento anticiparono i tempi. E' il caso di Giorgiana Houghton, nata nelle Canarie e affermatasi a Londra, con lo spiritualismo espresso in dipinti come ''The spirit of peace'' (1865), punti, linee sinuose e circolari in una astrazione simbolica che mira a rappresentare il trascendente.
''Le artiste hanno subito un processo di invisibilizzazione - spiega Christine Macel - perché gli uomini erano al centro della scena. Anche per le donne che sono riuscite ad affermarsi, come Sonia Delaunay Terk, la qualità delle opere non è stata riconosciuta a sufficienza. Si parla più del marito Robert Delaunay che di lei. Altre donne hanno lottato invano per trovare spazio. La mia idea è dare luce a queste artiste che hanno co-creato il modernismo astratto del Ventesimo Secolo e bilanciare la storia dell' arte con un approccio diverso''. Alla danza è dedicato uno dei primi capitoli con l' artista francese Valentine de Saint-Point (autrice nel 1912 del manifesto della donna futurista) e la performance di Loie Fuller in un video del 1897 in cui il vorticare ipnotico del suo abito di scena fa quasi scomparire la protagonista. Per l' Avanguardia Russa parlano i tre dipinti - tutti del 1913 ma molto diversi tra loro - di Natalia Gongharova; le Composizioni Non-Oggettive di Olga Rozanova, e la natura morta costruttivista di Alexandra Exter.
La pagina Bauhaus è dominata da Gertrud Arndt e dal suo tappeto, considerato il culmine del lavoro sulle teorie di Klee, che Walter Gropius volle nel suo studio. Alla scena parigina degli anni Cinquanta appartengono le sculture suggestive in pietra della libanese Saloua Raouda Choucair, e la pirotecnica ''Arena del sole'' della turca Fahreinissa Zeid. Un focus particolare riguarda la scuola di New York. Alla foto del gruppo degli 'Irascibili' in cui spicca Hedda Sterne come unica donna, si affiancano le tele sorprendenti di Lee Krasner, moglie di Jackson Pollock, con l' illusione di una pittura di getto che è invece il risultato di un lavoro ben studiato. O il Back Mountain #16 di Elaine Fried De Kooning che sposò nel 1943 il più famoso Willem, fino alle macchie di colore di ''Cool Summer'' di Helen Frankenthaler. Per le italiane ecco le foto plastiche della ballerina Giannina Censi, regina solitaria dell' aerodanza futurista negli anni Trenta. Futurista fu anche la scultrice Regina Casolo Bracchi, di cui è esposta 'Struttura' (1954) di ferro e Plexiglas, frutto della sua ricerca astratta successiva. Della milanese ''Dadamaino'' - Edoarda Emilia Maino -, amica di Piero Manzoni e grande sperimentatrice, è esposto 'Oggetto ottico-dinamico'' (1962), foglio di alluminio su nylon che crea effetti ottici di forma circolare. Carla Accardi, esponente dell' avanguardia astratta romana del dopoguerra, è citata con i suoi i rotoli multicolori di Sicofoil. E infine, l' opera ''Bianco+Viola'' del 1963 della veneziana Bice Lazzari che collaborò negli anni trenta con architetti e disegnatori nel campo della decorazione e per le sue opere a partire dagli anni Cinquanta rappresenta ''uno degli esempi più preziosi della pittura informale italiana''.
Obiettivo della mostra, che arriva al Guggenheim Bilbao dopo essere stata presentata al Centre Pompidou ed è frutto di una coproduzione tra le due strutture museali, non è proporre un' arte delle donne ma illustrare le difficoltà sociologiche che le hanno ostacolate e i diversi atteggiamenti delle artiste, tra la scelta di non insistere sul genere e la volontà femminista di marcare la differenza. ''Non c' è una sensibilità femminile o un' arte delle donne'', osserva Christine Macel sottolineando che fino al dopoguerra la scena è stata segnata dal pregiudizio maschile. La riscrittura dell' arte seguendo il punto di vista delle donne è cominciato dagli anni Ottanta e si è allargata fino a una decina di anni fa anche grazie alla globalizzazione che ha aperto lo sguardo per una storia più polifonica. ''Non si dovrebbe però continuare a fare mostre sulle donne - riconosce -. E' necessario farlo ora per aprire una nuova strada. Sarebbe meglio pensare a monografie di artiste che non vediamo nei musei come base per riconsiderare l' arte del futuro''. Un prossimo passo, concorda, potrebbe essere mostrare i lavori senza condizionamenti di genere e di nomi lasciando parlare le opere.
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