Due giganteschi gorilla neri, animali
oggi in estinzione, accolgono i visitatori già sulle scalinate,
incutendo forse un po' di soggezione. Poi, in tre sale distinte,
è tutto un gioco di contrasti, polisemie, linguaggi diversi,
suggestioni poetiche che raccontano un'arte capace di 'curare'
il pianeta, a cominciare dalla grande installazione in ferro e
neon, illuminata in un rosso brillante, che ricorda il mondo 'in
fiamme', acceso e rovente, dilaniato da conflitti sociali e
dall'emergenza ambientale. Non è tanto una denuncia, quanto un
'attivismo estetico' che suggerisce l'opportunità di instaurare
un nuovo rapporto con la Terra quello proposto dalla mostra
collettiva "Hot Spot. Caring For a Burning World", in programma
alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma
fino al 26 febbraio 2023. A cura di Gerardo Mosquera, la mostra,
pensata appositamente per gli spazi della Galleria, presenta le
opere di 26 artisti provenienti da tutto il mondo e appartenenti
a generazioni differenti, da Michelangelo Pistoletto a Pier
Paolo Calzolari, da Davide Rivalta a Glenda León. Il nome scelto
per la collettiva deriva appunto dall'omonima opera di Mona
Hatoum ("Hot Spot III", 2009), il grande pianeta rosso fuoco che
apre un percorso ricco di spunti di riflessione, in cui tutto
appare orientato a stimolare il visitatore, a fargli in un certo
senso prendere posizione attraverso la capacità comunicativa
dell'arte su un tema - quello del fallimento del progetto
moderno e della possibilità stessa di uno sviluppo armonioso
dell'umanità nel suo ambiente - oggi al centro del dibattito
contemporaneo.
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