Mancava dal 1990 una mostra su Giorgio Morandi a Milano e ci sono voluti 4 anni di lavoro per organizzare la grande esibizione 'Morandi 1890-1964', che apre domani a Palazzo Reale, con 120 dipinti che ne fanno una delle più complete retrospettive sul pittore bolognese realizzate negli ultimi decenni. Ideata e curata da Maria Cristina Bandera, promossa da Comune di Milano prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e 24 Ore Cultura - Gruppo 24 Ore, in collaborazione con Settore Musei Civici Bologna | Museo Morandi, la mostra "farà storia" secondo l'assessore alla cultura Tommaso Sacchi, che l'ha voluta inquadrare nel nuovo corso di palazzo Reale, che alterna arte contemporanea e grande artisti del Novecento, attraendo un nuovo pubblico di giovani e famiglie, come testimonia il successo della rassegna dedicata a Leandro Erlich, che chiude stasera "con un vero record di visitatori".
Ecco dunque che nell'allestimento di questa maxi esibizione dedicata al maestro bolognese, pensata anche per celebrarne il rapporto elettivo con la città di Milano, dove vivevano i suoi primi grandi collezionisti come Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Jucker, Boschi Di Stefano, è stato privilegiato - come spiega il direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina - uno sguardo "a favore delle giovani generazioni". Questa rilettura della carriera di Morandi attraverso una sorta di best off delle sue opera "mira anche a sfatare alcune leggende come il fatto che Morandi fosse isolato: è vero che conduceva una vita ritirata - racconta Piraina - ma aveva stretti rapporti con il collezionismo e conosceva bene quanto succedeva nel mondo dell'arte". Altro grande tema-mito da sfatare, secondo Piraina, è che l'arte e l'opera di Morandi siano ripetitive. Una convinzione maturata anche dalla predilezione dell'artista per alcuni temi come le nature morte e i paesaggi, ma che per il direttore di palazzo Reale non ha alcuna ragione d'essere, come dimostra la mostra stessa, dove è possibile rendersi conto delle "evoluzioni della sua pittura dal 1913 al 1950 a livello plastico, compositivo e cromatico". "Morandi è tutt'altro che monotono e ripetitivo" assicura Piraina, pensando ai 120 quadri in mostra grazie a prestiti da istituzioni pubbliche e da collezioni private, a partire da quelli del Museo Morandi di Bologna e delle varie raccolte milanesi cui si aggiungono enti come il Mart di Rovereto, la GAM di Torino, Palazzo Pitti, ma anche i Musei Vaticani, il Musée Jenisch di Vevey e le collezioni pubbliche di Winterthur e Siegen.
Per documentare al meglio l'evoluzione stilistica di Morandi, dal primo contatto con le avanguardie alla metafisica, il percorso espositivo segue un criterio cronologico con accostamenti mirati che ne sottolineano i temi prediletti - natura morta, paesaggio, fiori e solo raramente figure - e le tecniche (pittura, acquaforte e acquerello). A metà percorso, un'installazione video, realizzata in collaborazione con il Museo Morandi, ripropone la camera-studio di Via Fondazza a Bologna, oggi museo, dove Morandi visse e lavorò fino ai suoi ultimi giorni, nel 1963. Sono gli anni di una pittura rarefatta e portata all'estremo della verosimiglianza formale, sintesi di uno scavo cinquantennale nella realtà secondo il celebre postulato morandiano: "ritengo che non vi sia nulla di più surreale, nulla di più astratto del reale".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA