CATANIA - "La mia sant'Agata sarà una femminista ante litteram, una grande donna che ha combattuto contro i poteri forti": Matteo Musumeci, giovane compositore catanese, è pronto a raccontare in musica la storia dell'amatissima santa patrona della sua città, in occasione della festa religiosa, una delle più famose in Italia, che ogni anno le viene dedicata dal 3 al 5 febbraio. L'appuntamento sarà il 2 febbraio al Teatro Massimo Bellini con Diva Agatha, una cantata per mezzosoprano, percussioni, coro e orchestra, composta da Musumeci su commissione del teatro stesso: un progetto importante, nuovo e antico al tempo stesso perché affida a una composizione contemporanea il compito di riaprire una tradizione musicale interrotta a Catania tra Settecento e Ottocento. "La tradizione risale addirittura ai primi del '500 quando per la festa di Sant'Agata venivano chiamati a Catania musicisti polifonici fiorentini. Poi via via si continuò e nel '700 il compito toccò a Giuseppe Geremia fino ad arrivare a Tobia Bellini. Poi questa prassi si è interrotta", spiega Musumeci in un'intervista all'ANSA, definendosi "fortunato ad aver avuto questa commissione e da catanese ne sento la responsabilità, anche perché ancora oggi verso la musica contemporanea il pubblico prova diffidenza. Ma finalmente sembra esserci un po' più di fermento, e si ricomincia a scommettere sul nuovo". Su libretto di Massimiliano Costantino, con la direzione dell'Orchestra e del Coro del Teatro Bellini affidata al maestro Antonino Manuli, la Diva Agatha di Musumeci sarà un'opera in 10 quadri: "nei primi 5 affrontiamo il rapporto tra la Santa e la sua festa, in un approccio che dal folclore diventa poi più spirituale; negli altri quadri invece raccontiamo, tra storia e mito, gli ultimi giorni di Sant'Agata, il martirio, la morte e la glorificazione", racconta, "mentre a livello musicale ho scelto una struttura con ispirazioni melodiche per la parte del mezzosoprano e una più ritmica per il coro". La storia della santa patrona di Catania ha una tradizione antichissima: nata nei primi decenni del III secolo in una famiglia catanese di fede cristiana, Agata si consacrò a Dio giovanissima e quando respinse il proconsole di Catania Quinziano, di lei invaghito, lui la fece processare per vilipendio. Torturata e bruciata (le furono tagliati i seni, ma miracolosamente guarì, e quando fu arsa viva non morì), Agata si spense in cella nel 251 d.C.. Dall'omaggio in musica dal palcoscenico del Bellini, la festa poi si sposterà nelle strade di Catania dal 3 al 5 febbraio, per diventare il grande appuntamento che ogni anno richiama migliaia di fedeli e appassionati da tutto il mondo. Chi parteciperà si troverà di fronte a un'enorme celebrazione, tra sacro e profano, in cui religione e folclore si intrecciano indissolubilmente. Dopo la caratteristica processione dell'offerta della cera alla Santa, che parte dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in Piazza Stesicoro - sorta sull'antica fornace in cui è stata martirizzata la santa - per raggiungere la Cattedrale in piazza Duomo (con il corteo delle 11 candelore o "cannalori", alte colonne in legno decorate), viene poi portato fuori il busto con le reliquie per far sì che la patrona incontri il suo popolo. Tra fuochi d'artificio, garofani rossi e bianchi (simbolo rispettivamente del martirio e della purezza), funzioni religiose, canti e processioni, la festa offre anche la possibilità di assaggiare tradizionali prelibatezze dolci, come le 'minne di Sant'Agata' e le 'olivette'.
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