di Franco Nicastro
Il primo impatto emotivo con i
crimini della mafia nasce dalle immagini della strage di Capaci.
La grande foto dell'attentato sull'autostrada è accompagnata
dalle concitate comunicazioni tra le volanti della polizia e la
Questura che ricreano l'atmosfera drammatica di quei momenti. Ma
questo è solo il biglietto da visita della mostra "No mafia
emotion 3.0", presentata in anteprima a Palermo, che sperimenta
nuove forme di narrazione con gli effetti simbolici innescati
dagli scatti di vari fotoreporter e dai video delle teche Rai.
L'idea progettuale è di Ario Mendolia, i testi di Umberto
Santino e Giovanni La Fiura del centro Impastato, curatori
dell'esposizione che occupa un piano dell'edificio assegnato a
"No mafia memorial". Il percorso si inoltra lungo quattro
ambienti secondo un impianto narrativo che nel salone del
"Caos", come è stato chiamato, propone un ricco campionario di
materiali audio-video per un incalzante riassunto delle stragi
di mafia degli anni Ottanta. Un "muro" con le voci e i volti dei
protagonisti composti in una deformazione spaziale è il secondo
ambiente che viene idealmente attraversato con un'operazione
simbolica di demolizione del ramificato sistema criminale della
mafia.
Tra installazioni e documenti visivi da qui si accede a un
altro spazio chiamato "La torre delle vittime" nella quale sono
composti i volti di chi è stato eliminato perché con la propria
azione repressiva o con lo sguardo politico orientato verso la
legalità costituiva un pericolo concreto per gli interessi
criminali. Da questa "torre" sono precipitati tanti: magistrati,
giornalisti, poliziotti, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La
Torre e Piersanti Mattarella. Uno scatto di Letizia Battaglia
ripropone un'immagine sconvolgente: riprende il presidente della
Regione propugnatore delle "carte in regola" raccolto, ormai in
fin di vita, dal fratello Sergio poi diventato capo dello Stato.
Il quarto ambiente, che conclude il percorso espositivo,
propone una ricostruzione al computer della storia della mafia
fin dalle origini, ai primi del Novecento anche se, come dice
Santino, la "cosa" esisteva prima del nome. Il racconto è
diretto e sarà incrementato con altri materiali.
La mostra è stata pensata per un grande pubblico ma
soprattutto per i giovani e per le scuole che sono già in fila.
Il progetto è aperto perché, sottolinea ancora Umberto Santino
uno dei più attenti studiosi della mafia, "siamo ai primi
passi". I curatori pensano di arricchire il percorso narrativo
con un "impegno collettivo che lo faccia diventare un patrimonio
comune".
Ma per questo sono necessari altri spazi. L'idea di Santino è
quella di non fare diventare "No mafia memorial" un contenitore
ma uno spazio di "incontri, studio e riflessione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA