ROMA - L'Ercole barbuto da il benvenuto agli avventori. Poco più in là si riconoscono i tratti di Athena, con la veste bianca, e forse Pegaso, il cavallo alato. Naso in sù, ecco la volta con il Giudizio di Paride, in quello che un tempo doveva essere il racconto della guerra di Troia. Quando, nel 1674, gli scavatori si trovarono davanti tanta meraviglia e quell'iscrizione che citava la famiglia dei Nasoni, subito si pensò di essere al cospetto delle spoglie di Ovidio. Così non era. Ma di certo la famiglia era altrettanto importante. Dopo 15 anni di oblio e il restauro della Soprintendenza speciale di Roma, torna ad aprire al pubblico per le Giornate Europee del Patrimonio (22-23 settembre) la Tomba dei Nasoni insieme alla più piccola Tomba di Fadilla, i due mausolei di Saxa Rubra del II d.C, gioielli dimenticati dell'Impero Romano, scavati nel tufo della via Flaminia.
''Oggi qui è cambiato tutto - racconta il Soprintendente Francesco Prosperetti - Ma chi si allontanava da Roma lungo la Flaminia, si ritrovava circondato da un'altissima parete di tufo con mausolei rupestri sulla sinistra e altri più architettonici sulla destra''. Non una rarità, anzi, ''era caratteristica delle famiglie facoltose del Lazio settentrionale e dell'Etruria farsi costruire tombe nel tufo'', aggiunge il responsabile scientifico Marina Piranomonte. Testimonianza del momento più alto dell'arte e della dimensione dell'Impero - l'epoca di Antonino Pio, il figlio adottivo di Adriano - la Tomba dei Nasoni venne ritrovata ''durante i lavori di sistemazione della Flaminia voluti da Clemente X per il Giubileo del 1675''.
Gli ornamenti - con le pitture nelle sette nicchie e sulla volta a botte, così come l'ingresso a tempietto scavato nella roccia (oggi scomparso) con l'iscrizione che attribuiva il sepolcro a Quintus Nasonius Ambrosius - erano tanto preziosi che il pontefice ordinò subito al pittore Pietro Santi Bartoli di immortalarli in 35 tavole. ''Per fortuna - commenta la Piranomonte - perché nel 1883 sei affreschi verranno venduti al British Museum''. Altri tre frammenti furono strappati dal nipote di Clemente X per la sua villa sull'Esquilino, mentre l'iscrizione finirà al Museo nazionale di Perugia. Più piccola, ma ancora perfettamente decorata, con il pavimento a mosaico e le volte di motivi geometrici, genietti alati, fiori e pavoni, la Tomba di Fadilla è un gioiello di raffinatezza, scoperto solo nel 1923. ''Il nome - prosegue l'archeologa - arriva dall'epigrafe funeraria dedicata dal marito alla moglie Fadilla, nome molto diffuso all'epoca nella famiglia degli Antonini''.
Segnate negli anni dagli scavi per l'edificazione di Roma Capitale (''Saxa Rubra'' era appunto il tufo rosso), le due tombe sono state restaurate ora con fondi ''di somma urgenza'', pari a 40 mila euro ciascuna, per liberarle dai residui dei rovinosi interventi degli anni '80 e dai danni dell'umidità, oltre che per riportare alla luce e consolidare i colori originali. Dopo le Giornate del Patrimonio, ''saranno visitabili una volta al mese - anticipano Prosperetti e Piranomonte - Con le esigue risorse della Soprintendenza stiamo lavorando per acquistare il sedime intorno al Mausoleo dei Nasoni'', oggi su terreno privato, così da avere un ingresso indipendente. ''Il sogno - aggiungono - sarebbe collegare i tanti siti lungo la Flaminia, dalla Villa di Livia al Mausoleo La Celsa, in unico percorso archeologico, magari sfruttando la ferrovia''.
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