La fragilità sociale di tanti
'ragazzi interrotti', costretti in un "piccolo posto nel mondo"
e chiusi in un carcere, ma non per questo incapaci di concepire
grandi pensieri di speranza e bellezza, e sogni importanti da
realizzare che l'arte può provare a raccontare, partendo proprio
dalle dimensioni anguste di una cella. Ruota attorno ai concetti
che fondano l'Unione Europea, libertà, unità, memoria, comunità
e parità, la mostra "Nel Segno della Libertà", in programma dal
12 novembre al 10 dicembre all'Istituto Centrale per il Restauro
di Roma nel Complesso Monumentale di San Michele a Ripa.
Nata nel contesto del Progetto di recupero del carcere
borbonico di Santo Stefano/Ventotene, coordinato dalla
Commissaria straordinaria di governo Silvia Costa, ideato e
organizzato dagli Istituti di Cultura dei Paesi Ue in Italia e
dall'Istituto Centrale per il Restauro, l'esposizione è
realizzata da 12 giovani artisti (6 dalle Accademie di Belle
Arti di Bulgaria, Repubblica Ceca, Fiandre, Polonia, Slovacchia,
Turchia e 6 dall'Accademia di Belle Arti di Roma) pensando ad
altri giovani che si trovano reclusi nel carcere. L'idea è
quella di partire dalle parole, di ieri e di oggi, dal loro
significato etico: mentre gli artisti delle accademie straniere
hanno creato opere della dimensione delle celle ispirandosi agli
scritti prodotti dai reclusi nel Carcere minorile di Casal del
Marmo a Roma nel corso di un laboratorio di scrittura creativa
tenuto dall'attore Salvatore Striano, gli artisti dell'Accademia
di Belle Arti di Roma hanno ragionato sul concetto di libertà,
espresso da precursori dell'Europa come Altiero Spinelli, Simone
Weil e altri.
La mostra colpisce già a partire dal luogo in cui è
allestita, l'ex carcere femminile di San Michele attualmente
sede dell'Istituto per il Restauro, con le opere (pittura,
scultura, installazione e video) inserite direttamente nelle
celle. La curatela è stata affidata al collettivo Dispositivi
Comunicanti.
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