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Ultimo Battiloro da Tiziano a Homo Faber

Ultimo Battiloro da Tiziano a Homo Faber

A Venezia con Michelangelo Foundation, tra foglie d'oro e tatoo

VENEZIA, 14 settembre 2018, 17:00

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Daniela Giammusso) "Non è forza. E' tecnica e cuore per questo mestiere. Ma ragazzi che vogliono imparare oggi non ne troviamo. L'ultimo è durato tre giorni". Cannaregio, laguna nord di Venezia. Nella casa dove Tiziano, il grande maestro, visse per 45 anni, fino alla morte nel 1576. Qui oggi, su un grande blocco in marmo, Marino Menegazzo, 64 anni, continua a battere il martello. Otto chili di peso, su un piccolo quadrato di sottilissime foglie d'oro. Incessantemente, andrà avanti per due ore, parlando e senza mai perdere il conto. E' lui l'ultimo maestro battiloro d'Europa, erede di una tradizione che i veneziani per primi fondarono nell'anno 1000 ("ben due secoli anni prima dei genovesi", sottolinea), tra i protagonisti con la sua azienda a conduzione familiare, la Mario Berta Battiloro, di 'Homo Faber. Crafting a more human future', grande mostra-evento al via oggi alla Fondazione Cini di Venezia, in cui la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship ha riunito le eccellenze dei mestieri d'arte di tutta Europa (fino al 30 settembre, ingresso libero, previa registrazione su homofaberevent.com).
    L'oro di Battiloro brilla infatti in Shadows of Gold, opera realizzata con la designer olandese Kiki van Eijk, esposta in Doppia Firma. Dialoghi tra pensiero progettuale e alto artigianato, uno dei 16 percorsi di Homo Faber. Ma è anche meta di uno dei primi workshop della rassegna, occasione per scoprire di persona una rarità dell'artigianato italiano e per entrare in uno dei luoghi sacri di Venezia, come il giardino segreto di Tiziano, dove la Battiloro ha sede dal 1926.
    "Questo era il campiello di Tiziano, c'erano gli appartamenti più importanti, la bottega e anche la stanza tonda, dove Tinto Brass ha girato La chiave", racconta Eleonora Menegazzi, una delle due figlie di Marino. Cicerone d'eccezione per le tante visite guidate ai turisti, insieme alla gemella Sara, è una delle cinque tagliaoro in questa azienda dal nome maschile, ma dalla fortissima impronta femminile. Il logo che campeggia all'ingresso arriva infatti da nonno Mario Berta, che passò il mestiere al genero Marino, al tempo ventiduenne. Ma è mamma Sabrina l'anima delle due sale in cui sveltissime, senza mai perdere un colpo, le figlie e le loro collaboratrici oggi tagliano la foglia d'oro (rigorosamente 24 carati), come sei secoli fa: uno strato così sottile che non si può toccarla con le mani e bisogna 'soffiarla' per posizionarla nei libretti per il battiloro. Al di là del giardino di melograni e giuggioli, dove Tiziano passeggiava per trovare ispirazione, ecco il laboratorio in cui Marino 'batte' i pacchetti per stendere l'oro con martelli dai tre agli otto chili. Ultimo passaggio, le presse, "tutte originali del '26". "La cosa più difficile - racconta lui - è tenere il martello nel modo giusto. E imparare a contare. Certi laureati non superano 50 e si perdono per strada". Invece in due ore si arriva "fino a 8 mila colpi dati". Un mestiere che si rischia di perdere per sempre. "In Europa solo un austriaco dice di battere l'oro così, ma non mi convince - sussurra Marino - Se lo fa come ho visto nei filmati, dovrebbe essere già gobbo da tempo".
    Ma oggi, prosegue Eleonora, è "fondamentale che la tradizione scopra anche nuove applicazioni". Ecco allora, oltre alle decorazioni di oggetti e opere d'arte, la foglia d'oro diventa il nuovo ricercatissimo ingrediente degli chef del terzo millennio per dolci, olio d'oliva, caffè dorato e passito. E poi per i trattamenti anti età, tra maschere per il viso, smalto e make up. Fino all'ultimo nato di casa, la Caveau Royal, marchio con cui Eleonora e il marito Federico Cerchier hanno lanciato in primavera una linea di tatuaggi temporanei in oro o argento. Una nuova frontiera del gioiello e un modo, dice, "per promuovere l'artigianato italiano, perché chi lo acquista riconosce il valore di un'opera fatta a mano in Italia e sostiene l'artigiano che l'ha realizzata". (ANSA)

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