Un progetto racconta la storia
artistica della poetessa, traduttrice e artista Giulia Niccolai
(1934-2021), ripercorrendo le tappe salienti della sua vita
professionale tramite documenti, fotografie, testi,
registrazioni e opere provenienti dall'archivio Maurizio
Spatola, dalla Fondazione Echaurren-Salaris, dalla Biblioteca
Italiana delle Donne di Bologna e da archivi privati.
L'esposizione, 'Perché lo faccio perché. La vita poetica di
Giulia Niccolai', a cura di Allison Donahue Grimaldi e Caterina
Molteni, è allestita al Padiglione de l'Esprit Nouveau a Bologna
dal 7 maggio al 5 giugno, come 'Main Project' della decima
edizione di Art City Bologna.
Già fotografa negli anni Cinquanta, Niccolai si afferma come
poetessa concreta, visiva e sonora tra la fine degli anni
Sessanta e gli inizi degli anni Ottanta, partecipando a
esperienze chiave del rinnovamento del linguaggio poetico del
tempo, come il Gruppo 63, la rivista 'Tam Tam' di cui è
co-direttrice insieme ad Adriano Spatola, la casa editrice
Geiger e il Dolce Stil Suono, prendendo parte a mostre e
manifestazioni tra cui 'Materializzazione del linguaggio', 1978,
a cura di Mirella Bentivoglio, in occasione della XXXVIII
Biennale di Venezia. La sua ricerca poetica, visiva e sonora di
quegli anni si distingue per un particolare utilizzo del
nonsense, innescato da sperimentazioni di 'concretismo
morfologico' che ironicamente aprivano il linguaggio a nuovi
nessi semantici e soluzioni verbo-visive. Il concretismo
lessicale era spesso associato all'impiego di oggetti semplici
assemblati sotto forma di collage insieme a brevi formule
lessicali. I giochi linguistici diventavano così strumenti per
riabilitare oggetti e attività considerate femminili - rocchetti
da cucito, il ricamo, la macchina da scrivere, bottoni, spilli -
trasformandoli in veri e propri 'poemi'. Traduttrice e
intermediaria per numerosi poeti e poetesse straniere,
redattrice in riviste di settore, Niccolai è stata una figura
essenziale ma non adeguatamente riconosciuta nei circuiti di
arte e poesia.
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